domenica 30 gennaio 2022

 Bene......prendo atto che è tempo di un periodo di silenzio e riflessione, quindi non posterò più nulla per un pò, poi se vedrà.

Ammesso che qualcuno sia interessato a primavera uscirà un nuovo libro,se l'editore mantiene la parola data, forse l'ultimo sul buddhismo,francamente non vedo più il senso di scriverne, ci sono già migliaia di libri e pure più belli dei miei .

Grazie ai pochissimi lettori rimasti e pure a quelli che hanno smesso di seguirmi , c'è un tempo per ogni cosa!

venerdì 28 gennaio 2022

 non avessi mai condiviso la mail ecc. !!!

Adesso appena scrivo un post c'è qualcuno che mi scrive per contestare, principalmente la mia persona.Mi è appena giunto un messaggio in cui mi si dice che sono il primo a non vivere ciò che vado scrivendo.....

A parte che il mittente non ha frequentazioni col sottoscritto da molti anni e quindi che ne sa, nessuno ha mai detto di essere una totale e perfetta incarnazioni di tutti gli insegnamenti.

Sono sulla strada, come tutti gli altri, con le mie debolezze ,incongruenze  e chi più ne ha più ne metta, ad altri il piacere di arrogarsi titoli o presunte realizzazioni.

Detto questo, ma non ho mai cercato di vendermi come chissà quale maestro illuminato, già vedere che ti leggono in quattro gatti e pure questi si dilettano a farti la predica, è una bella scocciatura , per non dire che è demotivante.

Una cosa sono i commenti dialogici, anche critici ma dialogici, altro è il messaggio personale teso a svilire....non si capisce il perchè e su quali basi.

Certo ,si potrebbe dire che ben mi sta, mi sono messo in piazza sul web, ti becchi anche questo......forse ha un suo senso, un pò triste......

Vorrei dire, a conclusione, che se sono un coglione ,pure poco coerente o che ne so, non è che mi si deve leggere per forza!!!!!

Si può leggere le incoerenze di qualcun altro, perchè tutti ne hanno.....anche i più accreditati o quelli che si credono dei" piccoli perfetti concentrati".

Peraltro nell'ultimo post erano insegnamenti di Joko Beck, non miei.....io chiosavo solo....mah!

Per gli interessati, alla domanda di una mia ex allieva che mi chiedeva cosa faccio(penso alludesse a corsi, ritiri ecc)  ho risposto: cerco di invecchiare dignitosamente.....quindi, lungi da me assurgermi ad esempio per chicchessia, cerco solo di  di finire la mia carriera umana alla meno peggio, che non è poco.....se qualcuno se la cava meglio di me, buon per lui/lei.


giovedì 27 gennaio 2022

 "Questo è vero ovunque. Non significa che noi dobbiamo

mangiare ciò che è tossico, se una relazione o una situazione non fa bene alla nostra salute,

dovremmo lasciarla. Significa che possiamo gestire tutto ciò che è offerto dalla vita. 

Significa che abbiamo più discernimento su ciò che possiamo digerire, su ciò che è necessario

per la nostra salute e ciò che dobbiamo lasciarci alle spalle. La domanda è, come possiamo 

digerire ogni aspetto della vita in un modo che ci nutra e ci dia forza?" C.Joko Beck

Avere discernimento, imparare ad accogliere ogni cosa/situazione la vita ci offra senza cercare di sfuggirla, capaci di maneggiarla e decidere liberamente se tenerla o lasciala, questo è ciò che dovremmo riuscire a fare.

Fintanto che non sviluppiamo quell'abilità non siamo liberi, siamo condizionati dal " mi piace/non mi piace" ,dai nostri schemi, senza reale capacità di scelta, praticare è cercare di uscire da questo vicolo cieco.

E' un percorso lento e lungo, con molti periodi in cui non ci sembra di progredire, poi di colpo c'è uno scatto e ci troviamo in uno stadio successivo....poi di nuovo ci blocchiamo.

La pratica richiede costanza e pazienza , ha bisogno di crisi e difficoltà , solo così può diventare veramente creativa e generativa.

Proprio per questo pochissimi sono i veri praticanti, quelli che veramente vivono per e nella pratica, gli altri sono "turisti spirituali" che passano da un maestro all'altro, da una pratica all'altra sempre in cerca di nuove stimolazioni o di una via di fuga dalla noia(che è parte fondamentale della pratica).

Se facciamo parte di questa categoria meglio lasciar perdere e dedicarci ad altro, in quel modo non andremo da alcuna parte, perderemo solo tempo!

Bisogna saper lasciare i rapporti/relazioni/situazioni non sane o che, comunque, hanno fatto il loro tempo, non è facile ma anche questo è discernimento; un amico musicista diceva di come,avendo compreso di non poter raggiungere i livelli tecnici che desiderava, ha smesso di suonare in pubblico trovando una maggiore serenità.....

In quanti sono capaci di fare nello stesso modo, non per paura o altro, ma per raggiunta consapevolezza che è tempo di cambiare pagina?

venerdì 21 gennaio 2022

 Qualche giorno fa leggevo un lungo articolo su di un blog sul contenzioso al monastero do Bose( che ha portato all'allontanamento del fondatore) che difendeva a spada tratta una delle due fazioni, mi sono permesso di scrivere un banale commento in cui dicevo che non era saggio essere così di parte, visto che dei motivi del contendere si sa poco nulla(come spesso accade nelle faccende ecclesiastiche) e che sarebbe ora di tacere e lasciare che ognuno vada serenamente per la sua strada.

Chissà perchè ,hanno pensato bene di bloccarlo e cancellarlo.....non offendevo nessuno, invitavo solo alla prudenza,mentre sono rimasti i commenti entusiastici!

Tutto questo per dire che ormai viviamo tutti nel mondo del consenso, vogliamo solo che ci applaudano.Se la cosa può avere una vaghissima parvenza di senso(  sono un pò scettico) sui social, dove, se ho capito bene, i like e i commenti positivi portano pure denaro , è assurdo nella vita quotidiana.

Mi si raccontava di una studentessa che a fronte di un brutto voto ha fato una scena isterica e voleva buttarsi dalla finestra......dove siamo finiti?

Avere delle critiche, dei rimandi anche non lusinghieri è una possibilità di crescita, una occasione per riflettere e valutare le nostre idee e i nostri comportamenti.....gli altri vedono benissimo le travi nei nostri occhi, così come noi vediamo le loro.....ma non vediamo le nostre!

Di sicuro ho capito di non stare a cercare la discussione e il confronto sul web.....è luogo di esaltazioni o di insulti, non fa per me.

mercoledì 12 gennaio 2022

 

L'Arte Della Lettura di Enzo Bianchi

Passato il clima brioso delle feste natalizie, delle vacanze sulle nostre montagne e delle passeggiate sulle rive del mare, siamo tornati alla quotidianità della vita segnata soprattutto dal lavoro. La nuova ondata della pandemia ci chiede di restare il più possibile ritirati in casa, e il freddo di gennaio non invita a uscire, soprattutto gli anziani.Diventa dunque apprezzabile restare in casa e dedicarci alla lettura: infatti, se la si pratica come un'arte, la lettura è scuola di silenzio e di interiorità, leggendo si tace e si fa parlare il libro, ma si impara anche il rispetto, l'attenzione e l'ascolto.La lettura, di fatto, è una conversazione con chi è assente e può essere lontano mille miglia nel tempo e nello spazio. Ma soprattutto è un dialogo con chi ha avuto una vita più creativa della nostra: è accoglienza della parola di un altro.Agostino di Ippona paragonava la lettura a uno specchio che rivela il lettore a se stesso, e Gregorio Magno asseriva che "lo sta scritto cresce con chi la legge!". Marcel Proust, al termine di Alla ricerca del tempo perduto, si premurava di avvertire che i suoi lettori sarebbero stati "lettori di se stessi".Soprattutto nella nostra società, nella quale domina l'immagine, leggere resta una operazione di umanizzazione, sorprendente nella sua semplicità: non occorrono tecnologie complicate, né iniziazioni particolari perché è sufficiente prendere un libro, aprirlo quando si vuole e leggere risuscitando lo sta scritto.In piena libertà posso poi chiudere il libro, leggere più avanti o tornare indietro... e posso pensare, meditare con il ritmo che decido io e del quale ho bisogno per comprendere le pagine "dal di dentro", intus legere.Per questo ho sentito il bisogno di arricchire il comando monastico esprimendolo con le parole: Ora, lege et labora! Non basta pregare e lavorare, occorre leggere per sentire battere il cuore del mondo, per tenere in esercizio l'ascolto.Chi non legge adduce come giustificazione la scarsità del tempo a disposizione, ma le scelte nell'impiego del tempo sono rivelatrici di ciò che per noi conta nella vita.Leggere è lotta contro l'alienazione al tempo, è affermazione della libertà. Se il tempo ci manca, il libro ci aspetta nello scaffale, sul comodino, quasi un monito a trovare il tempo per la lettura, prendendo le distanze da ciò che ci distrae.Sempre mi ha impressionato nella profezia di Ezechiele il racconto biblico secondo cui Dio chiede al profeta di mangiare il libro... Sì, mangiare il libro, che è più che leggerlo, è farlo diventare corpo e vita.Forse non a tutti è data questa manducazione del libro ma, almeno per molti, come scriveva Italo Calvino, "leggere vuol dire cogliere una voce che si fa sentire quando meno ci s'aspetta, una voce che viene non si sa da dove, da qualche parte al di là del libro, al di là dell'autore, al di là delle convenzioni della scrittura". Beato chi legge, perché saprà anche ascoltare!

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Da lettore indefesso e appassionato non posso che concordare!

martedì 11 gennaio 2022

 Oggi mi si chiedeva dell'illuminazione....avrei potuto rispondere tante cose, dai luoghi comuni  ai discorsi metafisici, invece ho risposta che non bisogna preoccuparsene, che, per certi versi, è solo una tensione verso, perchè nessuno dimora completamente e in ogni attimo nell'esperienza dell'illuminazione.

In certi momenti di apriamo al REALE, poi ricadiamo nelle nostre false visioni/percezioni, in fondo la pratica è imparare e tenerci ancorati quanto più possibile al REALE(illuminazione) nel nostro quotidiano.

E' un lavoro lungo e paziente, pure un pò noioso,certamente faticoso, niente a che vedere con le immagini "romantiche" dell'illuminazione(come nel film : Il piccolo Buddha) con tanto di cieli che si aprono ed effetti speciali.

Il tutto è solo un continuo lasciar andare i nostri attaccamenti/avversioni, le nostre proiezioni e " menate" per ritornare alla realtà, al qui ed ora.

Nulla di mistico, nessuna divinità a far capolino fra le nubi, solo un lavoro meticoloso sulla nostra mente.

So bene che a dire così si perdono "clienti".....i più vogliono estasi/miracoli e compagnia bella , ma queste cose non hanno nulla che fare con l'insegnamento del Buddha( a volte con certe forme popolari e un pò decadute di buddhismo),va bene così.....è una vita che dico che la vera pratica Buddhista è elitaria, è per i pochi che si sono liberati da tutte queste aspettative "religiose" , da questi sogni fantasiosi.

lunedì 10 gennaio 2022

 Ogni tanto mi capita che qualcuno mi chieda un parere sulle sue poesie, racconti e produzioni varie....

Premesso che non sono un editor di professione ma solo uno che ha letto molto e scritto qualcosa, il più delle volte mi trovo fra le mani abbozzi caotici e pretenziosi , quando va bene banali , quando va male quasi illeggibili.

Devo dirlo francamente? o , pietosamente , cercare di dare consigli per eventuali miglioramenti?

Certo è che la faccenda diventa un pò problematica, anche perchè ,generalmente, si tratta di amici.

Credo che in futuro mi sottrarrò , indirizzandoli a editor professionisti, che sapranno come consigliare o sconsigliare.

In realtà , a questo punto della vita, in cui ,socraticamente ,sempre più sono consapevole che l'unica cosa che so è che non so, vorrei sottrarmi a tutte le richieste, di aiuto, guida ecc.  a cui ora cedo per simpatia, empatia, compassione( e anche per egoica gratificazione, perchè no).

Purtroppo non ho fedi granitiche , certezze assolute, solo un pò di esperienza di vita(e di pratica) , quindi, forse, sarebbe meglio esimersi dal dare indicazioni e risposte....al più si può indicare la direzione, poi ognuno trovi il suo percorso.


 Come volevasi dimostrare, ho citato Dio ed ecco qualcuno mi scrive dicendo che ho un ego abnorme perchè non prego umilmente il buon Dio!!!!!

Premesso che in gioventù avrei voluto avere fede(si legga il mio :Le ore dell'anima) e che feci di tutto per provare a credere in un Dio personale, come la mia tradizione di indicava , alla fine in dono della fede(perchè ricordo che la dottrina cristiana dice che è un dono) non l'ho ricevuto, che ci posso fare?

Non è questione di ego( che sarà ipertrofico e abnorme, ma per altre faccende, non discuto)è proprio che , nonostante gli sforzi, non riesco a credere in un Dio padre che entra nella storia, che si incarna ecc.è una faccenda che mi è aliena, mi spiace.

Con tutto l'apprezzamento per la saggezza dei Vangeli e di tanti cristiani, non è proprio una cosa mia.

Come in tutte le cose bisogna farsene una ragione......io ormai ho accettato ciò che sono, gli altri, magari, facciano lo stesso!

sabato 8 gennaio 2022

 Qualche giorno fa parlavo con una amica in fase di separazione dal marito, con amarezza mi elencava tutti i difetti e le mancanze del coniuge.....

Ammetto che , ad un certo punto, avrei voluto dire : " basta!", non perchè trovassi sbagliato ciò che diceva, anzi....ma perchè mi riconoscevo in molte delle cose che addebitava al marito.

Era uno specchio impietoso che mi rimandava i miei limiti, umani , di maschio attempato.

Credo che tutti abbiamo quei difetti/lacune, ovviamente a livelli ,qualitativi e quantitativi, differenti, ma chi può dirsi senza peccato? E lo stesso dicasi per il gentil sesso e per chiunque altro.

Temo che nessuno sia esente da piccole o grandi mancanze e ,forse, il vero problema e che noi cerchiamo nell'altro(sia esso partner, amico o Maestro) la perfezione che manca in noi.

E' un errore tremendo che ci porta sempre a cercare fuori ciò che andrebbe cercato dentro, niente e nessuno, da fuori, può dare senso al nostro vivere , neppure Dio.

Questa ricerca fuori è un deresponsabilizzarsi e un fuggire dal confronto con noi stessi.

Siamo noi che dobbiamo "convertirci" ,cioè cambiare direzione, modo di vedere, niente e nessuno può farlo per noi.

Non esistono i "principi azzurri" , neppure in ambito spirituale(maestri e affini) , che possano con la loro sola presenza risolvere magicamente tutti i nostri crucci e renderci felici....se lo crediamo, inevitabilmente seguirà un divorzio!

Dobbiamo assumerci la totale responsabilità della nostra vita, niente di più e niente di meno.

Con questo, ovviamente, non dico che non sia giusto chiudere rapporti che non funzionano, ma che bisognerebbe capire quali proiezioni/aspettative ci hanno portato fin lì, per non ricadere negli stessi errori.

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PS

Quando ho parlato di Dio( non si sa mai che qualche credente si adombri) intendevo dire che , in ottica Buddhista, nessun Dio può risolverci i problemi esistenziali ecc. da fuori.....Come diceva Hirata Roshi: " se un  Dio c'è ,ha già fatto la sua parte, adesso tocca a noi!".

Peraltro , a mio avviso, nei Vangeli Gesù in continuazione richiama al fatto che l'uomo deve convertirsi, che il miracolo avviene solo se c'è fede , cioè se c'è un impegno, una disponibilità....non avviene dall'alto indipendentemente da te( ovviamente è una mia interpretazione, ognuno poi pensi ciò che ritiene meglio)


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A proposito di aspettative,i numeri delle visualizzazioni languono come sempre e l'ego non gode!!!!!

sabato 1 gennaio 2022

 Il Natale e la speranza: attendersi l’inatteso

di Tomaso Montanari

Confesso che, negli ultimi tempi, non di rado mi sorprendo a pensare che la principale ragione per cui deve esserci una vita oltre la vita è che tutta questa mostruosa ingiustizia non può averla vinta. Non se ne riesce a sostenere nemmeno la vista, e ogni sforzo per combatterla pare destinato al fallimento. Così, lo ha scritto Max Horkheimer, la teologia è «la speranza che, nonostante tutta questa ingiustizia che caratterizza il mondo, non possa avvenire che l’ingiustizia possa essere l’ultima parola». Una visione altissima, vertiginosa: ma che fa correre almeno due rischi. Il primo è di collocarsi senza tentennamenti tra i giusti: assolti, e anzi giudicanti. Il secondo è di perdere ogni fiducia, e dunque ogni impegno, nella lotta quotidiana per la giustizia sulla terra.


È proprio il Natale, invece, a restituirci quella fiducia, grazie alla rinnovata forza con cui ci fa aderire a questo mondo: per quanto orribile, sfigurato, osceno. E tuttavia degno di fiducia, e di speranza.


Nessuno, forse, lo ha detto meglio di quella straordinaria intellettuale ebrea laica che è stata Hannah Arendt, in un celebre brano della Condizione umana (1958): «Il miracolo che salva il mondo, il dominio delle faccende umane dalla sua normale, naturale rovina è in definitiva il fatto della natalità in cui è ontologicamente radicata la facoltà dell’azione. È in altre parole la nascita di nuovi uomini, l’azione di cui essi sono capaci in virtù dell’esser nati. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane fede e speranza, le due essenziali caratteristiche dell’esperienza umana, che l’antichità greca ignorò completamente. È questa fede e speranza nel mondo, che trova forse la sua gloriosa e stringata espressione nelle poche parole con cui il Vangelo annunciò la “lieta novella” dell’avvento: “un bambino è nato per noi”».


È tutta immanente la fede della Arendt: fede e speranza «nel mondo». Nulla si rimanda a un altrove, o a un aldilà: la salvezza sta nell’incarnarsi. Cioè nel porre mano al cambiamento radicale: e prima al dubbio, al pensiero critico, alla rivolta. Non isolandosi, non chiudendosi, non fuggendo: ma compromettendo tutti noi stessi, la nostra carne sanguinante e dolente, nello sforzo, quotidiano e senza sconti, di essere più umani. Perché chi vorrà salvare (cioè risparmiare) la propria vita, la perderà: e chi invece sarà disposto a metterla in gioco senza riserva, ebbene proprio lui la salverà – come Gesù ricorda ai discepoli che lo trattengono dal salire a Gerusalemme, dove sarà ucciso.


Il Natale, dunque, come festa della vita compromessa, messa in gioco. Perché cosa altro è la nascita di un bambino se non un atto di fiducia e di speranza nella possibilità che quella vita cambi tutto? Il Natale come festa della luce che, nonostante tutto, non è vinta dalle tenebre: quel sol invictus che gli antichi celebravano nella prossimità del solstizio invernale. La festa di una umanità che contesta la morte, e che nel momento del massimo buio indica con fede e speranza (nel mondo, in se stessa) la piccola luce che resiste, e che inizia pian piano ad espandersi. Proprio come la vita di una bambina o di un bambino che viene al mondo. Per i cristiani è il Dio lontano e onnipotente che accetta di assumere carne, dolore e morte delle creature: insieme assumendone anche la capacità di sentire il calore del sole sulla pelle, il sapore del vino, la voglia di arrostire del pesce in riva al mare aspettando gli amici su una spiaggia (lo farà quel Bambino, ormai diventato adulto, subito dopo la sua resurrezione). Per tutte e tutti è il segno di un orizzonte creaturale che muta la paternità in fraternità, il dominio in condivisione, il possesso in custodia.


Il Natale, dunque, è il segno di una lotta per la giustizia non in un altro, ma in questo, mondo. Perché, scrive ancora Arendt, «il fatto che l’uomo sia capace d’azione significa che da lui ci si può attendere l’inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile. E ciò è possibile solo perché ogni uomo è unico e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicità».


In un mondo sotto il tallone di una pandemia che non accenna ad allentare la presa, in una umanità che attraverso la sua mostruosa ingiustizia e diseguaglianza offre alla pandemia la possibilità di distruggerla, in un Paese schiacciato da una indegna oligarchia, senza politica e senza democrazia, è ancora possibile avere fede e speranza nel mondo? È necessario, ci ricorda Hannah Arendt. E la sua citazione letterale dal Vangelo cristiano, la “lieta novella”, suggerisce che è possibile amarlo, questo mondo.


La festa del Natale è, davvero per tutte e tutti, una festa che parla dell’essere nella carne: cioè la festa dell’abitare il mondo pienamente.


Non per caso Francesco d’Assisi amò in modo tutto speciale il Natale: perché in quel Bambino che veniva a compromettersi col mondo vedeva la massima realizzazione di quell’adesione totale alle creature che lo spinge a scrivere uno dei testi più alti della prima letteratura italiana in volgare. L’amore per la luna e per le stelle, «clarite et pretiose et belle» e quello per il fuoco «bello et iocundo et robustoso et forte», l’amore per il «vento, e per l’aria e per il cielo; per quello nuvoloso e per quello sereno, per ogni stagione». Una gioia di vivere proiettata verso la trascendenza del Creatore, e però capace di parlare, anche al più ateo, della bellezza fisica e sensuale del mondo che si tocca con le mani, che si vede con gli occhi del corpo.


La lieta novella è che siamo nati: che siamo qua, che possiamo agire contro «la naturale rovina» del mondo.


Davvero un indulto, una sospensione del pessimismo, una pausa nell’amarezza per quel che facciamo al pianeta e al genere umano. Un conflitto aperto contro tutta l’ingiustizia che sfigura la bellezza del mondo e dell’umanità. Un’occasione per tornare ad assumere lo sguardo dei bambini: candido e concretissimo insieme.


Questo, dunque, il Natale: una festa dell’amore per la vita, che non riesce ad essere distrutta dall’orgia consumistica, o dalla retorica dolciastra. Perché tutto travolge la verità rivoluzionaria per cui «ogni uomo è unico, e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicità».

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Una riflessione forte e importante , per non perdere l'amore per la vita e la voglia di viverla pienamente, un invito a cogliere un significato e uno stimolo da queste festività troppo spesso abusate!

 vangelo 9