domenica 27 settembre 2020

 “C’è sempre una sorta di fede che ci avvince e ci tiene saldi: quando non crediamo in qualche verità, o in principi certi, non siamo davvero in grado di vivere, anche se non siamo noi a formularli. […] Ma tutte queste convinzioni ora sono demolite, e invece abbiamo bisogno di paradigmi tanto basilari che si potrebbe chiamarli paradigmi vitali”.

C. G. Jung, Visioni, vol. I, pp. 82-83

Ieri, in macchina, parlavo con mio figlio che lamentava la mancanza di punti di riferimento ,di valori condivisi in questa società e in questo momento storico.

Mi è tornata in mente questa citazione di Jung, che ovviamente, era rivolta ad un'altro momento della nostra storia.

Certo non viviamo in periodo di guerra, anche se le guerre abbondano nel mondo(compresa quella al covid), ma i valori di riferimento sono, di nuovo, demoliti e non per spingerci verso una maggiore apertura "mistica", semmai è una spinta verso la chiusura e il ritorno a vecchie e inveterate rigidità.

Mi rendo conto che vivere nell'apertura, nell'incertezza, nel dubbio o ,se vogliamo,nel mistero non è cosa per tutti, men che meno per i giovani in via di formazione.

Un mio maestro diceva che "bisogna prima strutturare l'ego,per poi distruggerlo" e per strutturarlo, nel relativo, abbiamo bisogno di limiti e punti fermi, di verità(per quanto sommarie).

Viviamo in un tempo senza verità, non perchè si sia compresa l'impermanenza o si abbia esperito l'infinito, ma solo perchè si ricerca una presunta libertà che altro non è che libertinaggio e anarchia caotica.

la saggezza folle dello dzogchen nulla ha a che vedere con questa assoluta mancanza di buon senso,anzi Trungpa Rimpoche insisteva sul concetto di gerarchia naturale, cioè di una sorta di ordine nel relativo.

La reazione a questa assenza di gerarchia naturale sono poi le derive fondamentaliste(politiche o religiose) che tanto seguito hanno nel mondo, con rischi enormi per la democrazia e le conquiste sociali fatte negli ultimi decenni.

Come ripristinare questa gerarchia e questi valori condivisi?

Non ho una risposta,ma credo che tutti dovremmo muoverci, pur faticosamente, in quella direzione ,se non vogliamo che le nuove generazioni deraglino già all'inizio del loro percorso esistenziale(come troppo spesso sta già accadendo)

venerdì 25 settembre 2020

 

 

Può la sofferenza diventare un insegnamento? A volte, per qualche strano mistero,accade.

Non è che sia mai stato un gran frequentatore di parrocchie, ho sempre trovato il loro ambiente asfittico e fasullo, una sorta di recita moralistica senza vero spessore umano, eppure, proprio passando per caso dalla parrocchia vicino casa incontrai Piera.

Era una suora giovane, neanche trent’anni,minuta  e pallida nel suo saio marrone.Chissà perché la trovai simpatica e cominciammo a chiacchierare.

Niente di che, chiacchiere leggere, da ragazzi in cerca di un senso.

Ci si vedeva quasi tutte le settimane e avevo cominciato a notare un pallore strano, delle occhiaie che prima non aveva, mi disse che si sentiva stanca , priva di energia.

Ci furono visite ,esami e poi la diagnosi: tumore alle ossa.

Piera lentamente rimpiccioliva, come se il male la divorasse da dentro. Ogni settimana tornavo e la trovavo più prostrata, faceva fatica a stare in piedi e alla fine rimase sempre a letto.

Ogni settimana  ero seduto di fianco a lei e sempre trovava la forza per un sorriso, una parola, uno tentativo di scherzo.

Soffriva enormemente, lo vedevo, ma trovava sempre il modo per accogliermi con dolcezza, non so come facesse.

L’ultima volta che andai da lei, mi chiese di aspettare un attimo, mentre le facevano un’iniezione di morfina ,poi mi sorrise con evidente sforzo e mi sussurrò: “ sempre amici…ok?”

Se ne andò la sera stessa, lasciandomi un vuoto terribile nel cuore e una strana sensazione di tenerezza

mercoledì 2 settembre 2020

File:Rigpa 1Tibetan.png - Wikimedia Commons

ESPERIRE IL RIGPA

La nostra natura ultima viene definita come pura e omnicomprensiva, come consapevolezza primordiale e sempre naturalmente presente come sfondo di ogni evento psichico. ... Questa consapevolezza è ciò a cui i tibetani si riferiscono usando il termine Rigpa!
l'altro giorno Francesco è venuto a trovarmi e , dopo un pò di lamentele sui figli e altre difficoltà esistenziali, si è finito per parlare del'esperienza del Rigpa, fondamentale nel nostro lignaggio Dzogchen:
Esperire il Rigpa è connettersi con la nostra natura più profonda ed essenziale, con l'energia vitale che è alla base del nostro essere, il Rigpa è pura energia e pura consapevolezza, libera e spaziosa, non limitata da nulla, ampia come il cielo, profonda come l'universo.
Possiamo esperire il Rigpa attraverso la pratica meditativa oppure grazie alla visione introdotta dal Maestro, ma una volta intravista, dobbiamo integrare questa esperienza nel nostro vivere quotidiano, mantenendo una continua comunicazione fra assoluto e relativo.
Dobbiamo vivere il quotidiano alla luce del Rigpa o assoluto.
L'essenza dello dzogchen sta proprio nella capacità di vivere ogni attimo della nostra giornata nell'orizzonte del Rigpa.
Si può fare, è questione di pratica e di addestramento mentale e quando è sufficientemente stabilizzato, ecco che il nostro vivere quotidiano diventa meditazione, avviene ciò che nei testi tibetani è descritto come: il meditatore abbandona la meditazione ma la meditazione non abbandona il meditatore.
Tutto diventa meditazione e contemplazione, samsara e nirvana diventano identici, tutto ha lo stesso gusto:quello della liberazione.

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