lunedì 23 luglio 2018



Per caso ho trovato sul web un intervento di una vecchia conoscente , praticante Buddhista della prima ora, che si schiera apertamente su posizioni leghiste.
La sua teoria è che le donne occidentali hanno ,e devono avere, paura della "invasione islamica" che metterà a rischio tutti i diritti conquistati negli anni oltre che procurare rischi alla loro incolumità......
Premesso che i dati ci dicono che questa invasione al momento è più una percezione, un fantasma che una realtà,mi chiedo come una praticante che dovrebbe avere un certo controllo mentale possa entrare in una simile paranoia.
Purtroppo la sua non è la sola voce che, in ambito Buddhista, ha preso posizione a supporto di teorie destrorse e/o razziste e questo è preoccupante.
Che la cultura islamica, piuttosto che quella tribale ,ci possa risultare estranea e spesso decisamente indigeribile può essere, ma l'erigere muri e porsi sulla difensiva non serve che ad acuire la paranoia sociale.
Lo squilibrato che a Macerata sparò a caso su tutti quelli con la pelle più scura per vendicare un delitto commesso da un nigeriano è la punta dell'iceberg di un sentimento di paura ed odio che va crescendo e che rischia di creare situazioni a catena.
Tutto l'insegnamento Mahayana che ha il suo culmine nella figura del Bodhisattva si muove in un'altra direzione,: la compassione, la gentilezza amorevole che non significa subire supinamente ma cercare di reagire con le armi della consapevolezza e della non-violenza.
Assistiamo ad un imbarbarimento dei toni  che non può che essere foriero di violenza e questo nulla ha che fare con la RETTA PAROLA , creiamo ad arte fantasmi che infestano le menti della gente........dove ci porterà tutto questo?
La maestra zen ZENKEI BLANCHMAN  raccontava sempre di quando, giovane attivista politica piena di rabbia verso la polizia, si trovò faccia a faccia con un poliziotto durante una manifestazione.....di colpo ,guardandolo negli occhi, senti l'interconnessione,percepì la sostanziale uguaglianza del loro essere umani  e fu l'inizio del suo percorso nello zen sotto la guida di Suzuki Roshi.
Abbiamo perso la capacità di esperire questa profonda verità spirituale?
Che diavolo di Buddhisti siamo se alziamo il braccio nel saluto romano o inneggiamo alla difesa di una "razza" o "cultura" contro le altre?( e se poi vogliamo difendere la nostra occidentalità che ci facciamo nella posizione del loto?).
Quel post che ho trovato mi ha intristito.....e francamente mi pone molte domande......e ritorna il tema di un'etica/politica che ci contraddistingua, perchè non credo che essere ecologisti o non esserlo, razzisti o no, sovranisti o no ecc. sia inincidente o insignificante per il nostro dirci praticanti del buddhadharma

venerdì 13 luglio 2018

DHARMA E OCCIDENTE, CONTEMPLAZIONE E AZIONE

L’insegnamento di Siddharta detto il Buddha si è sviluppato in India  2500 anni fa per poi migrare verso il tibet, l’indocina, l’impero cinese e poi quello nipponico fino a sbarcare in europa e in america; ad ogni passaggio ha saputo adattarsi alla cultura che trovava integrando pratiche preesistenti(si pensi al Bon in Tibet o al taoismo in Cina),adattandosi alla lingua, alla sensibilità ,agli stili dei popoli che incontrava.
Essendo il Buddhadharma un’ortoprassi e non una ortodossia non ci sono mai stati grandi problemi e anzi ha favorito la nascita delle tante scuole che hanno arricchito la storia del buddhismo.
Adesso è il momento dell’occidente di riuscire ad integrare il Dharma al  proprio contesto linguistico, psicologico e culturale.
In USA questo sta avvenendo da anni grazie a vari maestri orientali e occidentali ,creando interrelazioni con le religioni occidentali, la psicoanalisi e anche i movimenti pacifisti, ecologisti ecc……di qui la nascita del Buddhismo impegnato(engaged  Buddhism) che si radica nel solco di miglioramento sociale tipico dell’occidente dall’800 ai giorni nostri.
Che il Buddhismo, se vuole radicarsi, debba trovare un modo di parlare agli occidentali nonché una capacità di ascolto delle loro problematiche psicologiche e sociali, è un fatto assodato , in caso contrario si rischia di cadere in un abisso di materialismo spirituale intriso di una idealizzazione malsana delle culture orientali.
Soprattutto in europa e in italia ,spesso(forma per la formazione cattolica),si finisce per creare delle sorte di ortodossie Buddiste con una reiterazione di forme, linguaggi e rituali, mutuati pedissequamente dalla cultura di origine perdendo spesso il vero significato sottostante.
Già  trent’anni fa Dzongsar Rimpoche, durante degli insegnamenti in Francia,ci disse: “io sono tibetano e quindi vi offro il succo del dharma nel mio bicchiere tibetano, ma voi dovete bere il succo, non il bicchiere!!!!” a fronte di atteggiamenti un po’ assurdi di alcuni allievi.
Se il buddhadharma non è un’ortodossia che bisogno abbiamo di attaccarci in modo patologico alle forme e agli stili tradizionali? Non possiamo trovarne di nuove?
L’incontro del Dharma con l’occidente non può prescindere dal nostro modo di essere che ha le sue radici nel pensiero greco ( pensate all’Antigone di Sofocle con la sua dirompente richiesta di giustizia) ,in quello cristiano( con le sue istanze di fratellanza universale) e quello socialista(col desiderio di una società più equa e solidale)…..noi siamo anche queste cose,fanno parte del nostro inconscio collettivo e abbiamo il diritto/dovere di integrale nella nostra pratica spirituale.
Dice Luciano Manicardi(priore del monastero di Bose) : “ il desiderio di felicità, giustizia, equilibrio è intrinsecamente umano e abbiamo tutto il diritto/dovere di indignarci quando ci viene negato……dobbiamo dire di NO , e agire di conseguenza”.
Anche il Buddista, pur riconoscendo nell’assoluto  la  perfezione di tutto ciò che c’è, ha il diritto, credo, nel relativo di indignarsi e agire per modificare ciò che crea ingiustizia e sofferenza.
Certi atteggiamenti di pseudo-distacco mistici dai dolori del mondo hanno assai più a che fare col nichilismo che col Dharma e finisco per prestare il fianco ai detrattori che possono facilmente descrivere  i buddhisti come degli egotisti spirituali tutti dediti a guardarsi l’ombelico.
Nella tradizione Dzogchen si parla di VISIONE,MEDITAZIONE E AZIONE  intendendo che l’esperienza interiore, sedimentata e maturata attraverso la meditazione deve poi trasformarsi in azione saggia.
Non è pensabile quindi cercare di portare la nostra visione nell’agire lavorativo, sociale e politico?
Il buddhismo impegnato si muove in quella direzione , con un agire concreto per i vari settori problematici, dall’ecologia al razzismo, dall’ingiustizia sociale ed economica alle guerre.
Nessuno nega che come base debba esserci la visione e la meditazione, ma se manca l’azione il tutto rimane monco,senza sbocco, rischia l’autoreferenzialità.
Può essere che il buddhismo italiano(rappresentato dall’Ubi) scelga(come pare) di tenersi su posizioni più “chiesastiche” e di fedeltà alle tradizioni di riferimento,tenendosi fuori dalle questioni più spinose della poltica e dell’economia……nel caso temo perderebbe una preziosa opportunità di diventare lievito fecondo e parte integrante della cosiddetta società civile.
Una spiritualità che non si sporca le mani  è una ben triste spiritualità.

“chi dice che la spiritualità non ha nulla a che fare con la politica non ha capito cosa sia veramente la spiritualità” M.K.Ghandi

giovedì 5 luglio 2018

Noi buddhisti occidentali dobbiamo possedere la nostra vita, possedere le nostre scelte. E quello che abbiamo scelto è avere: una casa, un amico, un coniuge, un partner, figli, un lavoro, una vita, carte di credito.
La nostra pratica non è di rinunciare ed escludere, ma di avere e lasciare andare. Raggiungere qualcosa sapendo che sta cambiando anche quando lo raggiungiamo, per amare qualcuno mentre diventiamo esperti nell'arte di perderlo, per includere tutto nel nostro campo di consapevolezza, compreso ciò che rimpiangiamo e rimuoviamo, per abbracciare pienamente la vita molto, molto pazientemente.
Non posso passare il resto della mia vita a sentirmi una buddista di seconda classe, perché ho preferito avere piuttosto che rinunciare, dire sì piuttosto che no. Ma i nostri insegnamenti, i nostri koan, le nostre radici sono tutte in quel mondo di No. Una volta che affrontiamo pienamente questo ed esaminiamo gli effetti di quel condizionamento, potremo iniziare consapevolmente a dare vita al capofamiglia Zen, al buddismo delle famiglie.
EVE MARKO

BELLO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

mercoledì 4 luglio 2018



EGO O SON DESTO?

Mio figlio ,il mese scorso, è andato con degli amici ad un mega concerto a Firenze,e avevo osato chiedergli di farmi uno squillo quando arrivava.....
Passano le ore e nessuna notizia, provo a chiamarlo :sempre spento....per farla breve ho avuto sue notizie la mattina alle cinque quando è rientrato in casa!
Alcuni giorni fa un'amica mi chiede se posso passare a guardare la sua caldaia che fa un pò le bizze, le dico che passo verso le 20.
Alle 20 in punto sono lì e suono il campanello ,nessuna risposta, riprovo....nulla. Decido di chiamarla sul cellulare, suona libero ma non risponde, rimonto in macchina e me ne vado.
Dopo un'ora mi squilla il cellulare, è lei che si scusa ma : SI ERA PROPRIO DIMENTICATA CHE DOVEVO PASSARE!!!!!( e poi pratica Vipassana)
Eventi banali, certo, che capitano a tutti...eppure, dietro queste piccolo cose sta l'ego.
Mio figlio era così preso dall'orgasmo del rock e dagli amici che non si preoccupava per nulla del sottoscritto, l'amica si era messa a chiacchierare e la caldaia e io che dovevo metterci mano eravamo spariti dall'orizzonte della coscienza.
Niente di grave, direte, al più una mancanza di attenzione e di rispetto....certo, ma anche un ego ingombrante che dice : IO,IO,IO .E' capitato a tutti noi di dimenticarci un appuntamento o altro(c'è chi si dimentica i figli al supermercato, o peggio in macchina dove rischiano la morte per il caldo) ,ma il problema è se ci chiediamo come possa essere accaduto, perchè la nostra mente si è fissata solo sull'esperienza piacevole o sgradevole che stavamo vivendo resettando tutto il resto(persone comprese)
Quando non è una sindrome da sovraffaticamento , è solo il nostro ego che passa i limiti e ci trascina in un deliquio solipsistico in cui esistiamo solo noi; vi ricordate il detto: il mal di pancia MIO, fa molto più male del tumore TUO!
Va da sè che tutti noi abbiamo ego ipertrofici , ma è questione del più e del meno, un pò di consapevoleza , attenzione e conseguente rispetto per gli altri non farebbe male.
Lasciamo stare il superamento dell'Io e altri mirabili realizzazioni, per cominciare basterebbe tenere sempre nell'area della coscienza che non esistiamo solo noi e che non siamo i soli ad avere dei bisogni  e conseguentemente non sarebbe poi un male rispettare anche quelli altrui.
Un pò di rispetto, di attenzione......arrivare puntuali agli appuntamenti, cercare di ascoltare anche l'altro(invece di inondare il prossimo di parole), piccole cose ,che aiutano lo sviluppo della consapevolezza e facilitano la relazione umana......partiamo almeno da qui, se no che si medita a fare?


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