venerdì 21 luglio 2023

"Totalità non significa perfezione. Significa abbracciare la  fragilità e la incompletezza come parte integrante della vita."
PARK PALMER

Uscire dalle fantasie/proiezioni di perfezione è vedere la realtà per ciò che è, la totalità e l'essere non come una sorta di monade perfetta ma come la danza continua dell'energia vitale in cui il vuoto è forma e la forma è vuoto; la perfezione è imperfezione e viceversa.
L'esperienza del Rigpa, dell'Essere ,della totalità è sperimentare la quella che gli Hindu simbolicamente descrivono come la danza di Shiva, attraverso cui tutto si crea e si distrugge .....tutto perfettamente imperfetto o imperfettamente perfetto.

giovedì 20 luglio 2023

 Preziose vacanze ascoltando se stessi

La Repubblica - 17 Luglio 2023 di Enzo Bianchi

Per molti è arrivato il tempo delle vacanze, il tempo per vacare, verbo latino che rimanda a un vuoto, una sospensione e una distanza dal “fare” quotidiano in vista di una maggiore libertà. Vacare è dunque “fare niente”, darsi del tempo per non fare quello che si fa sempre, e quindi vivere godendo di essere al mondo, di assaporare l’istante. Durante tutto l’anno si lavora, si agisce, si fa, ma ecco il tempo per fare niente, cosa molto più facile a dirsi che a viversi. L’esercizio di interrompere il lavoro per passare al riposo non risulta facile, soprattutto per chi ha una certa età. Lo sappiamo bene: ci sono uomini e donne (tra i quali magari ci siamo anche noi) che non riescono a “fare niente”, a fermarsi, a prendere le distanze dal loro operare. E lo si vede spesso in quanti partono per le vacanze e giunti al luogo in cui dovrebbero “dimorare” sono presi dalla frenesia di programmare, di stabilire cose da fare al mattino, a mezzogiorno, alla sera. Aveva ragione Guigo il certosino quando sentenziava: “È molto più faticoso fare niente che lavorare!”. Eppure “fare niente” è importante per vedere e non solo guardare, per ascoltare e non solo sentire, per pensare e non solo reagire psicologicamente nelle diverse situazioni. Il “fare niente” è un’arte che permette non solo di riposare, ma di vivere in modo più consapevole e acquisire la sapienza. Nell’esperienza monastica il fare niente in cella o passeggiando nella natura dà anche la possibilità di impegnarsi in un viaggio interiore andando verso se stessi per conoscersi in profondità e quindi attraverso una vera lotta spirituale discernere le pulsioni che ci abitano, ordinarle spegnendo quelle malvagie dalle quali nessuno è esente. Dunque è un far niente di esteriore, di visibile, che in realtà è un lavorare per un incontro con noi stessi, con le nostre profondità. Questa operazione non è spontanea, non è facile, è faticosa, ma soprattutto – dobbiamo dirlo con forza – può avvenire solo se non si è inebriati nell’attivismo, se non si è distratti dall’azione, dal lavoro, dagli impegni… È nel fare niente, che non è semplicemente “il dolce far niente”, che si trova lo spazio per aprire questo cammino interiore. Dovremmo essere più attenti alla sapienza latina, come quella di Scipione Africano il quale affermava che “mai era meno attivo di quando stava in ritiro senza far nulla al mattino”. E non dimentichiamo il grande maestro Seneca, che teorizzava che “coloro che non sono attivi in realtà compiono grandi azioni”.  Perciò le vacanze sono un tempo beato, ma a condizione che sappiamo viverle vacando: riposando, certo, perché interrompiamo il lavoro quotidiano, ma soprattutto dando ai nostri  silenzi l’occasione di essere illuminati e rinnovati affinché nelle relazioni con gli altri, nei nostri legami feriali possiamo essere persone sempre più autenticamente umane. Solo nel vacare, contemplando tutto ciò che ci circonda, noi possiamo constatare che “ogni creatura ha una voce”, come dice l’apostolo Paolo e che da ogni creatura possiamo trarre insegnamento, consolazione e lezione. Attraversando pinete in montagna, o seduti accanto a una cascata come su una spiaggia del mare, noi possiamo ascoltare il mondo, sentirne i gemiti, ma anche gli insegnamenti che vengono da questi nostri coinquilini del pianeta.Fare vacanza e fare niente è una preziosa occasione per la nostra umanizzazione e la nostra comunione con madre terra.


lunedì 17 luglio 2023

 "Quel momento di respiro interiore, quella pausa e consapevolezza di "quanto è bello questo" è una preghiera di apprezzamento, un momento di gratitudine in cui vedo la bellezza e sono tutt'uno con essa."JEAN SHINODA BOLEN

Respiro interiore, quel momento magico in cui il pensiero discorsivo si ferma e rimane una pura consapevolezza e presenza mentale in cui la bellezza della vita è lì, totalmente fruibile, il cuore si apre e siamo uno con tutto ciò che c'è....siamo bellezza!

Che dire , non è altro che lo stato di "meditazione" in cui respiriamo il Rigpa, l'essenza stessa dell'essere.

sabato 15 luglio 2023

 "Possiamo imparare a gioire anche delle più piccole benedizioni che la nostra vita riserva. È facile perdere la nostra fortuna; spesso la felicità arriva in modi che non ci accorgiamo nemmeno."PEMA CHÖDRÖN

La fortune è cieca, spesso sorda e pure zoppa.....spesso ci abbandona quando meno ce lo aspettiamo, di colpo la salute vacilla, la situazione finanziaria o affettiva si capovolge, tutto può accadere  ma, se vogliamo e ci addestriamo, possiamo imparare a gioire di un fiore nel campo, della luce del tramonto, delle smorfie del cane.....

Questo gioire delle piccole cose ci può aprire ad improvvisi momenti di grazia, di felicità e letizia, una felicità gratuita che ci permette di percepire la realtà in modo differente.

La pura letizia ci raggiunge inaspettata, non la sentiamo arrivare, non possiamo crearla e neppure costringerla a manifestarsi.....possiamo solo prepararci, aprendoci interiormente, per accoglierla.

Tutte le pratiche meditative sono un predisporsi a........

Tramite la consapevolezza e la presenza mentale creiamo i presupposti per  godere delle piccole cose quotidiane e così per poter accogliere la gioia quando sorge....

giovedì 13 luglio 2023

 Un atto di gratitudine è un tutto vivente. Sovrapponendo al suo fluire organico una griglia mentale come una serie di “passi” sarà sempre alquanto arbitrario. Eppure, per amore della pratica, una tale delimitazione può essere utile.In ogni processo, possiamo distinguere un inizio, una parte centrale e una fine. Possiamo usare questa griglia di base in tre fasi per la pratica della gratitudine:Essere svegli, consapevoli e vigili sono l'inizio, la metà e la fine della gratitudine. Questo ci dà l'indizio di quali devono essere i tre passaggi fondamentali per praticare la gratitudine.

Fase uno: svegliati

Per cominciare, non iniziamo mai a essere grati a meno che non ci svegliamo. Svegliarsi con cosa? Sorprendere. Finché nulla ci sorprende, attraversiamo la vita in uno stato di stordimento. Dobbiamo esercitarci a svegliarci con sorpresa. Suggerisco di usare questa semplice domanda come una sorta di sveglia: "Non è sorprendente?" "Si Certamente!" sarà la risposta corretta, non importa quando e dove e in quali circostanze poni questa domanda. Dopotutto, non è sorprendente che ci sia proprio qualcosa, piuttosto che niente? Chiediti almeno due volte al giorno: "Non è sorprendente?" e presto sarai più attento al mondo sorprendente in cui viviamo.La sorpresa può dare una scossa, sufficiente a svegliarci e a smettere di dare tutto per scontato. Ma potrebbe non piacerci affatto quella sorpresa. “Come posso essere grato per una cosa del genere?” possiamo urlare in mezzo a un'improvvisa calamità. E perché? Perché non siamo consapevoli del vero dono in questa data situazione: l'opportunità.


Fase due: essere consapevoli delle opportunità

C'è una semplice domanda che mi aiuta a praticare il secondo passo della gratitudine: "Qual è la mia opportunità qui?" Scoprirai che la maggior parte delle volte, l'opportunità che un dato momento ti offre è un'opportunità per godere – per godere di suoni, odori, sapori, consistenza, colori e, con gioia ancora più profonda, cordialità, gentilezza, pazienza, fedeltà, l'onestà e tutti quei doni che ammorbidiscono il terreno del nostro cuore come una calda pioggia primaverile. Più pratichiamo la consapevolezza delle innumerevoli opportunità di cui semplicemente godere, più diventa facile riconoscere le esperienze difficili o dolorose come opportunità, come doni.Ma mentre la consapevolezza delle opportunità inerenti agli eventi e alle circostanze della vita è il fulcro della gratitudine, la consapevolezza da sola non è sufficiente. A che serve essere consapevoli di un'opportunità, a meno che non ci avvaliamo di essa? Quanto siamo grati si mostra dalla prontezza con cui rispondiamo all'opportunità.


Fase tre: rispondere in modo attento

Una volta che siamo in pratica per essere svegli per sorprendere ed essere consapevoli dell'opportunità a portata di mano, saremo spontaneamente vigili nella nostra risposta, specialmente quando ci viene offerta l'opportunità di godere di qualcosa. Quando un improvviso acquazzone non è più solo un inconveniente ma un regalo a sorpresa, coglierai spontaneamente l'opportunità di divertirti. Ti divertirai tanto quanto ai tempi dell'asilo, anche se non stai più cercando di catturare le gocce di pioggia con la bocca spalancata. Solo quando l'opportunità esige da te più del divertimento spontaneo, dovrai darti un po' di spinta in più come parte del Terzo Passaggio.


Il processo di revisione

Mi aiuta a rivedere la mia pratica di gratitudine applicando a questi tre passaggi fondamentali la regola che ho imparato da ragazzo per attraversare un incrocio: "Fermati, guarda, vai". Prima di andare a letto, guardo indietro alla giornata e mi chiedo: mi sono fermato e mi sono lasciato sorprendere? O ho arrancato in uno stato di stordimento? Ero troppo occupato per svegliarmi con sorpresa? E una volta che mi sono fermato, ho cercato l'opportunità di quel momento? O ho permesso alle circostanze di distrarmi dal dono nel dono? (Questo tende ad accadere quando le confezioni del regalo non sono attraenti.) E infine, ero abbastanza attento da seguirlo, per avvalermi pienamente dell'opportunità che mi veniva offerta?

Br David Steindl-Rast

giovedì 6 luglio 2023

 "Questo universo è troppo grande per aggrapparsi, ma ha le dimensioni perfette per lasciarsi andare."SHARON SALZBERG

In effetti è impossibile attaccarsi a questo universo, è "imprendibile", è oltre ogni nostra capacità ma è pur vero che invece è perfetto per perderci in esso, per lasciarci andare ....

Il problema è che noi detestiamo lasciarci andare, ci terrorizza perchè ci pare di perdere il controllo, di non esserci più.

Lasciarci andare è fare esperienza della vacuità , ma noi non amiamo la vacuità, vogliamo che tutto sia solido e stabile, non vogliamo impermanenza nè fluidità e questo è il vero problema.

Solo quando capiremo che solo nel lasciarsi andare c'è pace ed equilibrio la nostra vita comincerà a trovare una direzione creativa.

sabato 1 luglio 2023

 


E' uscito il nuovo libro di Luciano Manicardi,monaco di Bose, un testo di taglio psicoanalitico oltre che spirituale che sicuramente non piacerà ai cattolici tradizionalisti ma che,a mio modesto parere, è ricco di saggezza e sapienza ed è in in perfetta sintonia con il mio approccio alla vita interiore, credo sia un libro da leggere..... 

Presentazione:
Nasce dall’esperienza sul campo questo libro che esplora sentimenti e vissuti quotidiani in un percorso che parte da una serie di lezioni in ambito psicoanalitico, ma che sfocia in un origi­nale approccio interdisciplinare, seguendo il filo conduttore delle grandi, fondamentali domande della nostra esistenza: chi è l’uomo e che cos’è la condizione umana. L’autore, un biblista con formazione umanistica, non fa riferimento solo a studi di psicoterapeu­ti e psicoanalisti, ma attinge a piene mani alla grande letteratura, con romanzi come L’Avver­sario di Emmanuel Carrère, La vergogna di Annie Ernaux, La nausea di Sartre, i racconti di Čechov, Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, per citar­ne alcuni: «libri che ci svegliano, libri che ci fan­no bene facendoci male», come scrive l’autore. Ogni capitolo è dedicato a un tema: parola, narrazione, menzogna, invidia, vergogna, infi­ne volontà. In comune hanno la loro radicalità umana. L’enigma dell’invidia, una passione che non dà alcuna felicità: perché l’uomo la prova? E perché non riconosce mai di essere invidioso? Il mistero della vergogna, emozione dolorosa, eppure importante regolatore dei compor­tamenti umani. La quotidianità della parola, che può stravolgersi in aggressione, violenza, manipolazione: come fare in modo che diventi carezza e non pugno, ponte verso l’altro e non fossato incolmabile? E che dire della menzo­gna nell’epoca della post-verità e nell’imper­versare delle fake news? Un viaggio che inizia dalle storie narrate, ma a volte più vere del   vero nella loro capacità di parlare delle con­traddizioni che abitano il cuore di donne e uomini, per arrivare a illuminare alcuni fonda­mentali dell’esperienza umana.

 vangelo 9