sabato 31 ottobre 2020

 "E' molto più facile per il guerriero agire bene in condizioni estreme che mantenersi impeccabile in circostanze normali" (Carlos Castaneda)

Ho ritrovato questa bella citazione che è estremamente vera, è più facile mantenere la consapevolezza e presenza mentale in situazioni straordinarie che non nell'ordinarietà.

Nel quotidiano diamo un sacco di cose per scontate, le viviamo senza attenzione, ci facciamo prendere dall'accidia e dalla noia e rischiamo di perdere ogni parvenza di impeccabilità.

Paradossalmente gli errori più grandi si fanno nell'ordinario, quando le difese sono basse e ci sembra di muoverci in una comfort zone, una situazione protetta , ed è per questo che è proprio il nostro agire quotidiano è la vera cartina di tornasole della nostra pratica e "realizzazione".

Portare l'equilibrio e il non giudizio meditativo al mercato è più difficile che non in un campo di battaglia, mantenere lo sguardo contemplativo mentre si puliscono i pavimenti è più arduo che scalando una montagna, è per questo che la vita monastica è centrata sulla ripetitività e la quotidianità, perchè è lì ove incarnare la visione spirituale.

Vivere peak experiences , esperire aperture, non è poi così raro, la parte ardua è poi riportare tutto questo nel nostro vivere momento per momento, e questo è veramente raro!

Mantenere la cosiddetta impeccabilità in ogni singolo gesto, in ogni situazione è il fine del nostro praticare:  come diceva Trungpa Rimpoche :"l'illuminazione è una cosa domestica" .

Imparare a vivere e scoprire l'assoluto nel relativo, lo straordinario nell'ordinario, questa è la via della meditazione e della contemplazione, questo è ciò che ci insegnano i Buddha e i maestri.


lunedì 26 ottobre 2020

 Questa storia non la conoscevo......beh può essere una buona lezione di vita!


Cosa fare quando tutto sembra andare storto? Cosa fare adesso? Qualche giorno fa uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi, sì, Keith Jarrett, ha detto al mondo: ho avuto due ictus, non sono più un pianista. Ci lascia con più di mezzo secolo di grande musica e una lezione di vita indimenticabile. Il concerto di Colonia del 1975. Non so se avete già sentito la storia del concerto di Colonia del 24 gennaio 1975. Quando mi chiedono come nasce l'innovazione, come si crea un capolavoro, io ripenso a quello che accadde quella sera a Colonia. Keith Jarrett aveva appena 29 anni ed era già famosissimo. Dopo diverse collaborazioni prestigiose, era sbarcato in Europa per la prima tournée da solo. A Colonia arrivò da Zurigo nel pomeriggio di un gelido giorno di pioggia che sembrava fatto apposta per mandare tutti al diavolo: non dormiva da due giorni, aveva un mal di schiena furioso e quando nel pomeriggio salì sul palco per le prove, invece del pianoforte che aveva chiesto (un Bosendorfer Grand Imperial), ne trovò uno più piccolo, scordato e con i pedali fuori uso. Ok, me ne vado, disse più o meno, era il minimo. Ma l'organizzatrice era una ragazzina di 19 anni, Vera Brandes e quella notte era il sogno della sua vita e non poteva lasciarla svanire così: inseguì Keith Jarrett disperata fin fuori dal teatro: lo trovò che era già in macchina, gli implorò di suonare lo stesso, gli promise che il piano lo avrebbe fatto accordare, certo era piccolo per il teatro da 1400 posti, tutti venduti, ma, disse più o meno, ti prego fallo per me. Vera Brandes doveva avere una passione notevole perché Jarrett accettò; alle 23 e 30 salì sul palco e letteralmente creò musica per circa un'ora. Suonò in modo incredibile, forse proprio perché sapeva che il pianoforte non era adatto, ci mise una energia e una intensità mai viste, dicono, prima e dopo. Il suo manager registrò l'esibizione e quel concerto è diventato il disco di piano solo più venduto della storia del jazz. Avrebbe potuto non suonare, quella sera Keith Jarrett, ne aveva tutte le ragioni. E invece ha suonato e ne è venuto fuori il più bel concerto della sua vita. 
A volte anche noi nella vita non abbiamo il pianoforte adatto e tutto sembra andare storto: ma se abbiamo qualcosa di bello da raccontare, se abbiamo qualcosa di unico dentro, è il momento di dimostrarlo. Da sempre le cose cambiano, le migliori innovazioni succedono, quando usciamo dalla zona di comfort e ci mettiamo a suonare davvero.(da Repubblica)

domenica 25 ottobre 2020

 ANCORA L'IMPERMANENZA IN QUESTI GIORNI CUPI

Il Buddha ci ha insegnato l'ovvia verità che tutto cambia e tutto si modifica e scompare, nulla è permanente .a livello relativo, solo nell'esperienza assoluta del Rigpa ( dell'Essere, se preferite) si va oltre l'impermanenza.

Ci meditiamo sopra, pratichiamo , eppure in questi giorni di totale incertezza da un punto di vista sanitario, ma anche sociale ed economico la esperiamo in tutta la sua crudezza.

Ieri un caro amico mi ha comunicato che moglie e figlio sono positivi al covid con sintomi e lui attende l'esito, prima di lui tanti altri....un giorno siamo sani ,il giorno dopo no!

Tutto cambia, anche il significato delle parole, un tempo ,non tanto lontano, l'aggettivo positivo aveva un'accezione  "positiva" ,ora invece "negativa" e l'aggettivo negativo il contrario.....

Viviamo in una sorta di esodo, di biblica memoria,  nel deserto, la terra promessa è ormai un sogno dimenticato e ci pare di girare in tondo senza meta , senza un orizzonte e una prospettiva.

Tremendo? 

Per certi versi sicuramente, eppure, come ogni crisi, è anche una incredibile possibilità per fermarci e interiorizzare, digerire la verità cruda e cupa dell'impermanenza del relativo ,per poi muoverci verso il superamento dell'attaccamento che è la radice della sofferenza.

In questi tempi cupi e quasi surreali(chi mai avrebbe pensato di vivere una situazione simile?), solo la contemplazione, l'esperienza del Rigpa, possono permetterci di rimanere saldi, sereni e aperti alla vita.

Sfruttiamo questi tempi come un duro e serio ritiro di pratica, utilizzando ogni singolo momento per meditare sulla realtà ultima della vita  e per aprirci al suo fondamento ultimo.


venerdì 23 ottobre 2020

 

L’OVVIETA’ DEL PENSIERO ECOSOFICO

C'è chi pensa che la natura sia buona                                                

e finisce nelle fauci della tigre

c'è chi pensa che la natura sia malvagia

e abbatte a colpi di fucile la tigre

C'è chi pensa che la natura sia bella

e mette nella gabbia dello zoo la tigre

c'è chi pensa che la natura sia utile

e si fa una pelliccia con la tigre

c'è chi pensa che la natura pensi

e seziona il cervello delle tigre

c'è chi pensa che la natura sia in pericolo

e fa un'oasi di protezione per la tigre

c'è chi pensa che la natura sia dio

e trova l'uomo nella tigre

c'è chi pensa che la natura sia opera di dio

e dissocia l'uomo dalla tigre

c'è chi pensa che la natura sia natura

e diventa parente della tigre

c'è chi pensa che la tigre sia tigre

a lascia in pace la tigre (GIORGIO CELLI)

Cosi’ scriveva il nostro caro amico Giorgio Celli, Entomologo, Naturalista ,divulgatore scientifico e uomo di poliedrica cultura…..evidenziando l’assoluta ovvietà del pensiero che oggi chiamiamo ecosofico( grazie a Panikkar e a Naess) , perché al di là dei grandi discorsi filosofici e scientifici basterebbe riconoscere che la tigre è tigre e lasciarla in pace, il massimo della semplicità e dell’ovvietà.Purtroppo noi essere umani siamo in grado, con le nostre proiezioni mentali, di complicare ogni cosa ,di snaturare ciò che è naturale, di torcere ciò che è diritto.Il nostro modo di intendere la Tigre(come dice Celli)va in tutte le direzioni possibili, costringendoci a fare/pensare mille cose quando tutto sarebbe così semplice! Il Taoismo, antica via di liberazione cinese, insegna che l’armonia col Tao( l’Essere,la Vita) si trova tramite il WU-WEI, il non fare, il non cercare di inerire col fluire degli eventi, quando noi agiamo finiamo per creare disarmonia , a cui cerchiamo di porre rimedio con nuove azioni  in un ciclo infinito.Pensate al riscaldamento globale: inquiniamo ,questo crea effetto serra e surriscaldamento, creiamo i condizionatori che a loro volta inquinano e creano calore e quindi tassiamo i condizionatori per scoraggiarne l’uso…..un perfetto esempio ci circolo vizioso.Solo se torniamo all’inizio e smettiamo di compiere la prima azione che dà inizio alla catena di eventi ritroviamo l’equilibrio, ogni altro tentativo è un ulteriore disequilibrio che può funzionare sul momento ma che alla lunga non può che creare problemi.

In  fondo è ovvio, ma pare che nessuna riesca a comprenderlo.

In un mondo di complessità forse la prassi ecologica dovrebbe riscoprire la semplicità( se non l’ovvietà),spesso il piccolo è assai più efficace del grande , il vuoto è assai più potente del pieno.

In questi tempo di grandi migrazioni e di incontri/scontri di civiltà non sarebbe male porci in ascolto delle saggezze native che ora giungono sino a noi, per ritrovare modi di vita più armonici(naturali) e in definitiva più umani, proprio perché con un ego meno ingombrante.Panikkar raccontava di un amici missionario in africa che un giorno aveva cercato di insegnare a dei bambini l’atletica leggera spingendoli a fare una corsa ,promettendo delle caramelle al vincitore.I bimbi al via scattarono lungo le corsie ma giunti al traguardo si presero per mano e giunsero tutti insieme…..tutti vincitori(quindi caramelle per tutti!!!)

Se trasferissimo questa piccola saggezza nel nostro agire economico ed ecologico….che meraviglia!

giovedì 22 ottobre 2020

 


IL SILENZIO

 

«Quando il Buddha si trovava sul monte detto Picco dell’avvoltoio per fare un discorso, girò un fiore tra le sue dita e lo mostrò all’assemblea. Tutti rimasero in silenzio. Solo Maha-Kashapa si aprì in un sorriso a questa rivelazione. Allora il Buddha disse: “Io ho l’occhio del vero insegnamento, il cuore del Nirvana, il vero aspetto di ciò che non ha forma. Esso non è espresso con parole, ma trasmesso in modo speciale al di là dell’insegnamento. Questo insegnamento lo ho dato a Maha-Kashapa”».

Così raccontano i sutra su quella che fu la trasmissione dell’insegnamento più profondo del Buddha: un fiore sollevato in silenzio.

Su questo gesto e sul sorriso di Maha-kashapa si è scritto e detto tantissimo ,ma trattandosi della trasmissione da mente a mente o da cuore a cuore, al di là del verbale ,c’è poco da dire e molto da esperire.

Quando iniziamo ad approcciarci alle tecniche di Mindfulness incontriamo il silenzio, sia verbale che mentale, cominciamo a fare spazio , a concentrarci sull’esperienza diretta della realtà e non sulla sua interpretazione.

Per quanto un bravo scrittore descriva un gelato al cioccolato non sarà mai la stessa cosa che assaporarlo, le parole sono solo un dito che indica la luna, ma la luna è altra cosa…attenzione a non confondere il dito con la luna!

Il silenzio esteriore e solo uno strumento per permetterci di andare incontro al silenzio interiore, che non è assenza di pensieri(questo può accadere per qualche istante)ma una spaziosità che permette ai pensieri di sorgere, manifestarsi e sparire senza creare troppo disturbo, come un uccello che solca il cielo ma non lascia traccia del suo passaggio.

C’è una frase della tradizione andina che dice:”gli dai hanno dato agli uomini solo un certo numero di parole” ,il che significa che non vanno sprecate o utilizzate in modo improvvido.

Un altro detto ci ricorda:”taci molto per avere qualcosa di importante da dire”

Nel mondo moderno siamo sommersi di parole,immagini, stimoli vari ,perdendo il senso dell’essenzialità e della sobrietà ,e come ci ricorda IL PICCOLO PRINCIPE ; “L’essenziale è invisibile agli occhi”

Il silenzio, la spaziosità sono ,in realtà, lo stato naturale della mente ,ritrovarli è tornare a casa.

Nei ritiri di pratica Vipassana tradizionali si sta per 10 giorni in silenzio, praticando le varie tecniche e ascoltando le indicazioni dell’insegnante,niente chiacchiere, niente televisione, niente cellulare o internet, solo noi, il nostro corpo,parola e mente e il silenzio che tutto abbraccia.

Non è necessario una immersione così drastica nel silenzio, ma ritagliarsi una mezz’ora ogni giorno per staccarci dall’iper-stimolazione e stare con noi stessi nell’attimo presente è già un grande regalo che possiamo farci.

Sogyal Rimpoche diceva di sfruttare ogni momento libero, mentre si guida, mentre si va in bagno per fermarci un attimo e prendere alcuni respiri consapevoli riconnettendoci con la nostra grande mente.

A volte bastano pochi respiri, per sentirci di nuovo calmi, centrati e silenziosi e poi ributtarci nelle mischia con nuova energia .

Il silenzio è,paradossalmente, anche un grande strumento relazionale e un buon rapporto si misura anche da come e quanto si riesce a stare insieme in silenzio,senza imbarazzo; anche il silenzio parla e può avvicinarci.

Il Buddha tace e solleva un fiore,noi ,invece, in visita ad un amico sofferente possiamo tacere e prendergli una mano o tacere e cercare di stare con la sua sofferenza; ognuno deve trovare il suo modo per comunicare col silenzio.

Se sapremo stare nel silenzio,quando dovremo parlare le nostre parole avranno un altro spessore, saranno creative e pregne di senso.

“In un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza.”

(Gandhi)

 

GRATUITA’ E PRODUTTIVITA’- IL LAVORO COME VIA

 

E’ possibile pensare all’attività lavorativa ,non solo realtà frustrante ,ma come via di realizzazione? La regola di  San Benedetto  indica la via dell’ora et Labora, laddove il lavoro è ugualmente importante della preghiera e ,anzi, ne è parte integrante, Il Maestro  Zen Hyakujo disse:un giorno senza lavoro, un giorno senza cibo, facendo sì che il monachesimo giapponese non si fondasse pù sull’elemosina ,ma sul lavoro per l’autosostentamento, lavoro svolto con attenzione meditativa , in modo da diventare ,a tutti gli effetti una continuazione della pratica.

Ora viviamo i una società e in ambienti altamente competitivi e con una richiesta di produttività ,spesso, esasperata ,possiamo, nonostante tutto, di rendere il luogo di lavoro un luogo di pratica?

Se la meditazione è uno stato della mente  ,aperta e totalmente consapevole, questo stato mentale può essere utilizzato in qualunque situazione, lavoro compreso.

Se io entro in ufficio o in fabbrica con una mente fresca, curiosa, aperta, posso lavorare in un’ottica di gratuità, nel senso che  mentre lavoro,lavoro, totalmente assorbito dall’azione, come dal respiro seduto in meditazione, senza pensieri sul passato o sul futuro , completamente attento all’attimo presente.

Questo tipo di atteggiamento lavorativo trasforma in pratica il mio fare, togliendo ogni stress e frustrazione(prodotti dalla mente discriminante), conseguentemente sono più sereno, lavoro meglio e finisco anche per essere più produttivo.

Lavorare in modo equanime, gratuito, senza un fine al di là del lavoro stesso è una meditazione in movimento.

Sicuramente il lavoro manuale può risultare inizialmente più adatto a questo tipo di pratica, ma con l’esperienza può essere allargato  ad ogni tipologia lavorativa, anche le più complesse o di maggiore responsabilità

BREVE MEDITAZIONE SUL LAVORO

Proviamo ad utilizzare lo spirito meditativo svolgendo qualche semplice lavoro, ad esempio spazzare il giardino, poi,pian piano lo porteremo in qualunque attività.

Dapprima prendiamo alcuni respiri profondi e consapevoli, poi prendiamo  la scopa o il rastrello, sentiamo la consistenza del legno del manico, percepiamo se è liscio o ruvido, percepiamo la posizione del corpo, quindi cominciamo a raccogliere le foglie, cerchiamo di ritmare il movimento con la respirazione, mantenendoci completamente concentrati sul movimento e sul respiro.

Ogni volta che percepiamo dei pensieri sorgere , riconosciamoli ,poi lasciamoli andare ,ritornando a portare attenzione al movimento e al respiro.

Per alcuni può essere d’aiuto ripetere col respiro e movimento frasi del tipo:” inspirando  spazzo le foglie ,espirando allontano ogni  negatività “ oppure” inspiro e mi senti vivo, espiro e ripulisco l’intero mondo”

giovedì 15 ottobre 2020

 COVID E ALTRE "MERAVIGLIE"

Ormai tutti parliamo della pandemia, al bar,con gli amici, in TV , con la stessa passione e partigianeria con cui si paròla di politica o di calcio.

Ci sono i negazionisti, i riduzionisti, i catastrofisti e chi più ne ha più ne metta.La situazione ,sicuramente, non è delle più rassicuranti e credo sia umano essere preoccupati, in fondo un pò di attaccamento egoico alla nostra pellaccia l'abbiamo tutti.

Qualcuno mi chiedeva , come buddhista, cosa pensavo.....mi verrebbe da dire: come ogni altro essere umano.

Tutto è impermanente, tutto cambia, questo è un fatto, quando però il cambiamento è così repentino e violento non è così facile lasciarci andare.

Inutile stare a raccontarcela, se abbiamo avuto qualcuno che ha preso male il virus, sappiamo bene che è una brutta bestia e nessuno è ben disposto a fare l'esperienza.

Buddhisti, cristiani o islamici non cambia, come esserei umani(ma anche come mammiferi) cerchiamo di evitare la sofferenza , poi se proprio capita vedremo di affrontarla come meglio riusciamo con gli strumenti che la nostra pratica ci dà.

In questi tempi pare che l'autunno porti male, un amico è caduto nel bosco e si è distrutto una spalla, un'altro ha un'ernia che rischia di paralizzargli una gamba e deve essere operato, un'altro ha un tumore, in vari sono incappati nel covid ,per fortuna senza esiti fatali, direbbe il Buddha: "ecco la realtà della sofferenza".

La vita è un intreccio di gioie e di sofferenze, fisiche, psicologiche ecc. non c'è nulla da fare se non praticare per connetterci col Rigpa, l'energia della vita, la pura consapevolezza originaria e, nel relativo quotidiano, cercare di evitare di provocarsi sofferenze unitili e gratuite!

Quindi usiamo le mascherine e le altre protezioni, cerchiamo di vivere in modo sano e sobrio, meditiamo e godiamoci ogni singolo momento della nostra vita , con gratitudine e apertura.

Di più non possiamo fare, ma è già tantissimo, poi,prima o poi, l'alba tornerà( anche le pandemie sono impermanenti!)

martedì 13 ottobre 2020

 

questo uscirà la primavera prossima......è un testo autobiografico sugli incontri significativi della mia vita

giovedì 8 ottobre 2020

 Piccolo dibattito sugli illuminati......alla fine ho detto pure io la mia!

Se debbo essere sincero ormai il termine "illuminato" mi sta un pò sullo stomaco, è stucchevole,pretenzioso e magniloquente e poi che significa?

Per un buddhista ha un significato differente da un Hindu o da un intellettuale occidentale, e ,ammesso che ci decidiamo per un significato comune, è foriero di proiezioni e attaccamenti.

Credo che l'illuminazione(o apertura al reale ....o saggezza) è una conquista quotidiana, non è che si raggiunge una volta per tutte e non si scivola più indietro(peraltro le rovinose cadute di maestri,considerati illuminati, dovrebbe farci riflettere)

Ammesso che ci sia qualcuno che è illuminato 24 ore al giorno(il termine buddhista corretta sarebbe risvegliato) per 365 giorni l'anno, quel qualcuno rimane un essere umano, che deve mangiare,dormire,fare la cacca, ammalarsi e morire, può indicarci una via col suo esempio e con qualche insegnamento ma non ha il potere di risvegliaci o illuminarci con un tocco di dita.....

Sarebbe ora di diventare spiritualmente più adulti e smettere di cercare figure paterne rassicuranti e detentrici di verità , di  cominciare ad assumerci la responsabilità della nostra vita invece di delegarla a illuminati, veri o presunti!

martedì 6 ottobre 2020

 Leggevo la teorizzazione che gli ormoni sono il fondamento di  ogni nostra relazione interpersonale.....anche non direttamente sessuale.

Se prendiamo per buona questa teoria il nostro libero arbitrio va farsi friggere, siamo totalmente condizionati.

Mi stupisce che questa teoria sia avvalorata da una persona che si definisce buddhista, laddove l'insegnamento del Buddha ci vuole portare alla libertà illimitata e quindi fuori da ogni condizionamento, sia esso ormonale o culturale.

Se siamo già predestinati dalla nostra carica ormonale o da qualsivoglia altra cosa, allora tutte le vie di liberazione sono inutili, nessuno si libererà mai, saremmo sempre tutti bloccati nei nostri schemi ripetitivi.

Va da sè che continuerò a pensare che sono io il padrone dei miei ormoni e non loro i padroni miei!



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