IL SILENZIO
«Quando il
Buddha si trovava sul monte detto Picco dell’avvoltoio per fare un discorso,
girò un fiore tra le sue dita e lo mostrò all’assemblea. Tutti rimasero in
silenzio. Solo Maha-Kashapa si aprì in un sorriso a questa rivelazione. Allora
il Buddha disse: “Io ho l’occhio del vero insegnamento, il cuore del Nirvana,
il vero aspetto di ciò che non ha forma. Esso non è espresso con parole, ma
trasmesso in modo speciale al di là dell’insegnamento. Questo insegnamento lo
ho dato a Maha-Kashapa”».
Così
raccontano i sutra su quella che fu la trasmissione dell’insegnamento più
profondo del Buddha: un fiore sollevato in silenzio.
Su questo
gesto e sul sorriso di Maha-kashapa si è scritto e detto tantissimo ,ma
trattandosi della trasmissione da mente a mente o da cuore a cuore, al di là
del verbale ,c’è poco da dire e molto da esperire.
Quando
iniziamo ad approcciarci alle tecniche di Mindfulness incontriamo il silenzio,
sia verbale che mentale, cominciamo a fare spazio , a concentrarci
sull’esperienza diretta della realtà e non sulla sua interpretazione.
Per quanto
un bravo scrittore descriva un gelato al cioccolato non sarà mai la stessa cosa
che assaporarlo, le parole sono solo un dito che indica la luna, ma la luna è
altra cosa…attenzione a non confondere il dito con la luna!
Il silenzio
esteriore e solo uno strumento per permetterci di andare incontro al silenzio
interiore, che non è assenza di pensieri(questo può accadere per qualche
istante)ma una spaziosità che permette ai pensieri di sorgere, manifestarsi e
sparire senza creare troppo disturbo, come un uccello che solca il cielo ma non
lascia traccia del suo passaggio.
C’è una
frase della tradizione andina che dice:”gli dai hanno dato agli uomini solo un
certo numero di parole” ,il che significa che non vanno sprecate o utilizzate
in modo improvvido.
Un altro
detto ci ricorda:”taci molto per avere qualcosa di importante da dire”
Nel mondo
moderno siamo sommersi di parole,immagini, stimoli vari ,perdendo il senso
dell’essenzialità e della sobrietà ,e come ci ricorda IL PICCOLO PRINCIPE ;
“L’essenziale è invisibile agli occhi”
Il silenzio,
la spaziosità sono ,in realtà, lo stato naturale della mente ,ritrovarli è
tornare a casa.
Nei ritiri
di pratica Vipassana tradizionali si sta per 10 giorni in
silenzio, praticando le varie tecniche e ascoltando le indicazioni
dell’insegnante,niente chiacchiere, niente televisione, niente cellulare o
internet, solo noi, il nostro corpo,parola e mente e il silenzio che tutto
abbraccia.
Non è
necessario una immersione così drastica nel silenzio, ma ritagliarsi una
mezz’ora ogni giorno per staccarci dall’iper-stimolazione e stare con noi
stessi nell’attimo presente è già un grande regalo che possiamo farci.
Sogyal
Rimpoche diceva di sfruttare ogni momento libero, mentre si guida, mentre si va
in bagno per fermarci un attimo e prendere alcuni respiri consapevoli
riconnettendoci con la nostra grande mente.
A volte
bastano pochi respiri, per sentirci di nuovo calmi, centrati e silenziosi e poi
ributtarci nelle mischia con nuova energia .
Il silenzio
è,paradossalmente, anche un grande strumento relazionale e un buon rapporto si
misura anche da come e quanto si riesce a stare insieme in silenzio,senza imbarazzo;
anche il silenzio parla e può avvicinarci.
Il Buddha
tace e solleva un fiore,noi ,invece, in visita ad un amico sofferente possiamo
tacere e prendergli una mano o tacere e cercare di stare con la sua sofferenza;
ognuno deve trovare il suo modo per comunicare col silenzio.
Se sapremo
stare nel silenzio,quando dovremo parlare le nostre parole avranno un altro
spessore, saranno creative e pregne di senso.
“In un
atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e
ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza.”
(Gandhi)
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