venerdì 6 agosto 2021

 “Che utilità ha un peccato se potete sbarazzarvene? Se siete interamente consapevoli del vostro peccato, dovete portarlo, vivere con lui, il peccato è voi stessi. Altrimenti rifiutate vostro fratello, la vostra Ombra, l’essere imperfetto in voi che vi segue e fa tutte le cose che siete riluttanti a fare, tutte le cose per fare le quali siete troppo codardi o troppo perbene. Commette lui il peccato ma, se viene rifiutato, viene spinto verso l’inconscio collettivo dove causa problemi”.C. G. Jung

Colpisce leggere in questo brano la parola “peccato”. Certo qui Jung non la intende nel senso cristiano/cattolico cui noi, italiani e figli ahimè prediletti della Grande Madre, siamo educati. Per noi peccato significa a un tempo colpa e assoluzione, poiché i cattolici, dice Jung, figlio di un pastore protestante, hanno pur sempre la confessione, che in un breve istante monda dal peccato e fa tornare limpidi e puliti. Fino al peccato successivo pochi secondi dopo, all’ipocrisia di sentirsi migliori degli altri, puri. E la purezza è parola terribile, che troppo dolore ha provocato e provoca. Non fidarsi mai dei puri né degli astemi: entrambi sono inconsapevoli della terribile bellezza di Dioniso che proprio perché negata li colpisce alle spalle, come l’Ombra, il fratello interno, il nostro Doppio, imperfetto e rifiutato, quello che arma le nostre mani che crediamo innocenti.
Ma torniamo alla colpa. Non ho nulla contro il senso di colpa: la nostra vita è in parte un intreccio di colpe e nostro compito è reggerle e cercarne talora la riparazione. O capire che senza di esse siamo finti come una moneta falsa.
Ma qui Jung ci indica un altro aspetto, che ha un nome antropologicamente piuttosto in disuso tra di noi. Ci parla della responsabilità di sé, della necessità di accettare il fratello oscuro, l’Inquilino Nero, come lo chiama Alberto Savinio, quello che mandiamo avanti a fare il lavoro sporco, dimenticandoci che la vita è faccenda sporca, che nasce e muore tra il sangue e gli escrementi.
No, Jung non è una lettura per quelle che un tempo si chiamavano anime belle. Ci costringe a guardare in alto e in basso: ci ricorda la nostra fragilità e la necessità di accettarla, di esserne responsabili, se possibile di prendersene cura.
A. DEFILIPPI

Jung è stato un grande e Defilippi analizza un passaggio assai interessante che ripropone il tema dell'Ombra, del nostro lato oscuro che dobbiamo conoscere e integrare se vogliamo essere "interi".
L'integrazione fra buio e luce, fra maschile e femminile, si ritrovano in Jung così come nel Tantra, perchè il percorso di integrazione passa attraverso l'incontro con ciò che ,generalmente, rimuoviamo.
Affrontare i propri fantasmi/demoni interiori non è certo facile , è faticoso e doloroso , ma ineludibile;riconoscere che vita è "faccenda sporca" o ,se vogliamo, è piena di sofferenza, non è esattamente una passeggiata.
Accettare il nostro limite, la nostra debolezza e farci amicizia è qualcosa che ci ripugna ma che va fatto,se vogliamo essere autentici.
Che vogliamo fare questo percorso tramite la meditazione o la psicoterapia( o altri strumenti) è scelta personale, l'importante è cominciare a farlo con decisione ed onestà.
Credo che la riflessione di Jung sia tanto più importante in questi tempi in cui si vive di immagini di sè , si è persi nel virtuale, si ha sempre meno la capacità di guardarsi dentro.
Il percorso è aspro ma vale la pena di percorrerlo ,perchè il panorama, alla fine, ci ripagherà della fatica.

2 commenti:

  1. cit. : 'la purezza è parola terribile - che troppo dolore ha provocato e provoca. ... non fidarsi mai dei puri - né degli astemi : entrambi sono inconsapevoli della terribile bellezza di dioniso ... [ecc.]

    ... una osservazione : ... e 'vajrasattva' - in che dimensione lo collochiamo ? ... non mi pare - si possa dire - che è 'frutto - dell' 'immaginazione' - di 'menti' 'primitive' ...

    grazie per la risposta. ...

    ... un cordiale saluto

    fondazioneacquarius@libero.it

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    1. Vajrasattva è un archetipo, rappresenta l'energia purificatrice,
      è la qualità di chiara luce della mente originaria.Nel testo si parla della mente più superficiale quella "ordinaria" che vive nella dualità.
      Il Rigpa , l'essenza ultima è al di là della dicotomia luce e ombra.
      Per dimorare nel Rigpa dobbiamo però, prima, integrare e armonizzare le mente superficiale.
      Non per nulla vi sono i vari livelli di tantra che servono proprio a questo lavoro per poi giungere al Maha-ati (o dzogchen) in cui si va oltre

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