domenica 24 novembre 2019

Tempo uggioso e pesante, si sta chiusi in casa con un buon libro.
Il libro in questione, trovato a pochi centesimi sul banchetto della Caritas, è un romanzo degli anni 70 di Gino Montesanto  edito dalla , ormai da tempo fallita, Rusconi.
Un auotore che vonse pure il campiello e che ormai nessuno ricorda ,e ristampa, più.
Il romanzo: LE IMPRONTE, come gli altri suoi ha come sfondo il tema dostoevskijano del rapporto conflittuale con la fede.
Leggendo mi ritrovo in molte delle pagine , in fondo ognuno di noi, cresciuto con un background cristiano, finisce per porsi il tema della fede in Dio, che ci piaccia o no.
Che si opti per l'ateismo piuttosto che per un agnosticismo convintto, Dio, ognio tanto ,bussa alla nostra porta.
Che sia frutto di un momento di scoramento, piuttosto che di una crisi esistenziale, il problema deel senso ultimo della vita fa parte del nostro bagaglio culturale occidentale.
C'è un bel da dire che la vita è perfetta e sensata così come è e non dobbiamo trovarci noi un senso...sta di fatto che ogni tanto il problema si ripropone, a meno che non si sia fatta una reale esperienza di illuminazione , di quelle ben integrate in ogni nostra piega psichica.
La tentazione ci cercare un senso ultimo, di tirare le somme e dare un giudizio sulla propria vita è spesso presente e ,in fondo, Dio è la risposta più affine al nostro contesto culturale.
La via del Buddha opta per soluzioni differenti, questo non significa che anche la via Teistica non possa avere una sua validità.( a parte in fatto che bisogna anche intedersi su cosa si vuole dire con la parola DIO).
In ogni caso, la lettura di questo romanzo, mi spinge a riflettere, finanche sui miei percorsi e sul mio rapporto con questa idea, così difficile da rimuovere.
Siamo tutti teisti, anche quando lo neghiamo, fa parte della nostra forma mentis e ,temo, non riusciremo mai del tutto a modificarla,abituati da secoli o millenni ad appoggiarci all'immagine di Dio.
In fondo anche chi si scaglia con veemenza contro il Cristianesimo( spesso non a torto) , in fondo ne riconosce l'importanza, se no, lo ignorerebbe e basta!

P.S.
Tenere in mano questo libro, ormai fuori catalogo da decenni, è anche una bella meditazione sull'impermanenza: un autore famoso e vincitore di premi letterari che ora nessuno, o quasi, ricorda più.
Sic transit gloria mundi! che ci piaccia o meno.

3 commenti:

  1. "personalmente" [...] non trovo eccessivamente "arduo" stabilire una equazione tra la visione "teista" e quella "non teista". ciò che i "teisti" chiamano "dio" - nell' induismo "advaita" [delle "upanisad" - e di altri scritti tradizionali] - è denominato "brahman" ; nel buddhismo è denominato "realtà" [e - nello specifico - nello "dzogchen" - "grande perfezione"]. "parole" "diverse" ... ma [... naturalmente - per chi lo sa "vedere" - "percepire" - o "intuire] l' "esperienza" è la stessa.

    un abbraccio affettuoso nel dharma - a te marco - e anche a tutti coloro che seguono il tuo splendido blog.

    eugenio

    fondazioneacquarius@libero.it

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    1. certo che fa l'ESPERIENZA sa che nomi e concetti sono solo dita che indicano la luna e niente più.....ma per tutti coloro che l'esperienza non l'hanno fatta, questi nomi e queste idee sono importanti, spesso troppo!

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  2. hai ragione. in ogni caso ritengo che anche l' esperienza religiosa "convenzionale" [cioè quella che "attribuisce" molta "validità" ed "efficacia" - "nonché" "rilevanza" - alle "forme" "culturali"] sia da "apprezzare" - e da "valorizzare" - perché è "COMUNQUE" un "RIFLESSO" [anche se molto "MEDIATO" - e "VELATO"] dell' "ASSOLUTO".

    un abbraccio

    eugenio

    fondazioneacquarius@libero.it

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