giovedì 30 novembre 2023
mercoledì 29 novembre 2023
lunedì 27 novembre 2023
Sto leggendo l'ultimo romanzo di Paul Auster : Baumgartner , scritto in ospedale durante la chemioterapia.....è un libro incredibilmente "leggero" sull'invecchiare con molto humour e ,al contempo, con una visione molto saggia.
A tutti noi tocca invecchiare, rimanere più soli, perdere le persone che amiamo proprio come al protagonista del romanzo, ma non a tutti è dato di farlo con grazia e autoironia.
In realtà la grazia e l'autoironia manca ai più in ogni aspetto/momento della vita e ,spesso, chi si dice "spirituale" è più serioso e spocchioso degli altri.
Io penso si debba vivere seriamente ma senza prendersi troppo sul serio......alla fin fine la nostra vita non è che uno sputo nell'universo , una fra le innumerevoli vite che si sono succedute nei millenni .....pur essendo unica e preziosa.
Quindi viviamola con attenzione e gratitudine ma senza prendersi troppo sul serio, ci vuole un tocco leggero, garbato e compassionevole.
sabato 25 novembre 2023
Domanda: è possibile giudicare la realizzazione altrui?
Qualcuno direbbe che un maestro realizzato può comprendere il grado di realizzazione altrui, gli altri, non realizzati, no di certo.....
Non so, credo si assai difficile anche da parte del maestro realizzato e ne abbiamo avuto molte prove: insegnanti che sceglievano come successore allievi che si dimostravano inadeguati o peggio(la lista è lunga).
Quindi preferisco soprassedere a giudizi sulla realizzazione altrui.......troppo rischioso.
Al più posso dire se una persona o insegnante "mi piace" o se la sento affine a me.....di più non mi azzardo..
venerdì 24 novembre 2023
giovedì 23 novembre 2023
lunedì 20 novembre 2023
domenica 19 novembre 2023
LIBERIAMOCI DAL DIO DELL’EGO
Non esiste epoca, stagione o anche solo momento dell’avventura
umana che, risvegliandosi alla consapevolezza e all’onestà intellettuale (la forma più preziosa di onestà, da cui procedono tutte le altre), non abbia provato l’amara esperienza di essere in trappola. Le
mitologie, le religioni, le filosofie ne danno ampia attestazione. Gli
ambiti vitali, proprio perché danno vita e risultano indispensabili,
legano a sé e quindi intrappolano. Nello stesso momento in cui ti
danno vita, ti tolgono libertà. Tu non ne puoi fare a meno, e loro ti
imprigionano dentro di sé.
Possiamo vivere senza l’amore? La risposta ovviamente è no, ma
l’innamoramento e l’amore sono non di rado un assillo, un travaglio, un incubo da cui non si riesce a liberarsi. Lo mostrano Ovidio
con Corinna, e tutta la letteratura universale che attesta l’assonanza,
esistenziale oltre che linguistica, del binomio amore-dolore.
Shakespeare fa parlare così Romeo rivolto a se stesso mentre sente
divampare l’amore per Giulietta: «Torna indietro, o inanimata argilla del mio corpo, e ritrova il tuo centro». La centratura più entusiasmante ma al contempo il decentramento più indebolente, la gioia
più intima ma al contempo la sofferenza più penetrante, la generosità senza confini ma al contempo un astio altrettanto illimitato,
provengono proprio da quel sentimento incontrastabile che chiamiamo amore.
Possiamo vivere senza la famiglia, o quella d’origine, o quella che ci
siamo formata, o quella che vorremmo formarci, sia pure talora in
forma diversa da quella tradizionale? No, c’è una tensione insopprimibile verso la vita insieme ad altri esseri umani.
Eppure, quanta prigionia proviene dalla convivenza degli esseri
umani tra loro: per i figli, anzitutto, la cui crescita si compie come
un progressivo cammino di autonomia denominabile guerra d’indipendenza; poi per i genitori, la cui prigionia è persino maggiore
dato che si ritrovano da un lato inevitabilmente legati ai figli e dall’altro legati ancora agli anziani genitori sempre più bisognosi di
aiuto, intrappolati in una manovra a tenaglia perfettamente riuscita.
E quell’anello al dito? A chi non è capitato di percepirlo talora come
una palla al piede, sentendosi proprio come quei galeotti di un
tempo a cui veniva impedito il movimento con una sfera di piombo
alla caviglia? Così ci si ritrova, volenti o nolenti (ma il più delle volte nolenti), a costituire una trappola gli uni per gli altri: a percepire
il proprio marito, la propria moglie, i figli, la madre, il padre, gli altri eventuali parenti, persino gli amati animali domestici, come una
trappola.
Senza calcolare che le trappole esteriori e più ancora interiori che ci
provengono dalla famiglia sono così radicate in noi da passarci la
vita dentro anche quando la famiglia non c’è più, o ce n’è un’altra.
Non sappiamo dove si trovano, ma ne avvertiamo persistentemente
il dolore che proviene dai meccanismi che le fanno regolarmente
scattare.
E il sapere? Non ci sono dubbi che esso è lo strumento più efficace
di liberazione, ma è altrettanto vero che può trasformarsi abbastanza facilmente in una catena tra le più pesanti. Che il sapere liberi è
del tutto intuitivo, ognuno vede da sé come l’istruzione e la conoscenza dissipino la nebbia dell’ignoranza che impedisce di nominare la realtà per quello che è e che fa rimanere in balìa del pensiero
altrui. Quando si sa, e si è in grado di esprimere quello che si sa, si è
in possesso dell’arma principale per difendere la propria autonomia. Volendo il bene dei suoi ragazzi, e vedendo l’ignoranza a cui
sarebbero stati destinati per il fatto di crescere senza istruzione nelle
campagne del dopoguerra, don Milani, ben più che in chiesa, decise
di condurli quotidianamente in classe e fondò la scuola di Barbiana.
Proprio per il suo potere cognitivo, però, il sapere può generare in
chi lo possiede un atteggiamento di superbia e di chiusura che è
una delle peggiori trappole della mente. Ci sono persone che ritenendo di sapere tutto non ascoltano autenticamente più niente e
nessuno, se non quanto basta per criticare e confutare l’interlocutore e così esibire vittoriosamente il proprio potere intellettuale. Senza
sapere si è preda dell’ignoranza, con il sapere si è a forte rischio di
supponenza.
Il lavoro: anche solo per meri motivi economici non si può vivere
senza, ma, quando si lavora, capita non di rado di sentirsi nel posto
sbagliato, di provare la sgradevole sensazione di essere nulla più di
uno strumento, un limone che altri stanno spremendo, in alcune
circostanze addirittura uno schiavo alla catena.
Oggi il fenomeno della cosiddetta Great Resignation o Grandi dimissioni attesta esattamente questo malessere: si lavora perché non se
ne può fare a meno, ma, non appena se ne può fare a meno, ci si
dimette dal lavoro per ritornare padroni di sé. Per fare che cosa,
però? In realtà, se non si ha un’occupazione tramite cui costruire
qualcosa nella vita anche a prescindere dalla retribuzione (perché,
potendoselo permettere, si può lavorare anche per puro spirito di
volontariato), viene a mancare qualcosa di essenziale nella vita.
Anzi, io penso che una delle più grandi fortune consista proprio nel
trovare un lavoro che sia una grande passione che ci faccia lavorare
intensamente. Se infatti lavorare stanca, è altresì vero che la stanchezza maturata facendo il lavoro che si ama è bellissima, appagante, di certo molto meglio della noia dell’assenza di attività.
È possibile continuare così per ogni altro ambito vitale: la passione
politica, la passione sportiva, il gioco, il desiderio di viaggiare, gli
amici, la religione... Tutto ciò che veramente riempie la nostra vita è
al contempo causa di prigionia perché limita, e talora toglie, la libertà. Ne viene che di ogni persona o esperienza o ambito veramente
importante siamo costretti a dichiarare sempre di nuovo: Nec sine te,
nec tecum, vivere possum.
Per allentare i morsi della trappola e iniziare a intravedere l’itinerario di liberazione, e magari percorrerlo con qualche piccolo passo, ci
aspetta oggi un compito diverso, per molti versi opposto rispetto a
quello intrapreso dalla modernità: la modernità aveva dovuto superare Dio per affermare l’Io, oggi il nostro compito consiste nel superare l’Io per tornare ad affermare Dio. O, per meglio dire: il Divino,
l’Indisponibile, l’Assoluto, il Gratuito, l’Inconoscibile, l’Apofatico, il
Sacro, il Solenne, il Mistero, il Silenzio. È l’unico modo per uscire,
almeno con la mente e con il cuore, dalla trappola.
Già nel 1966 Martin Heidegger, nella celebre intervista al settimanale tedesco «Der Spiegel» pubblicata come da accordi all’indomani
della sua morte avvenuta dieci anni dopo, aveva dichiarato: «Ormai
solo un Dio ci può salvare». Da che cosa il filosofo ricercava la salvezza? Dalla tecnica. Per lui infatti la tecnica nella sua essenza «è
qualcosa che l’uomo di per sé non è in grado di dominare», ma da
cui piuttosto è dominato: «La tecnica strappa e sradica l’uomo sempre più dalla Terra [...] Tutto ciò che resta sono problemi di pura
tecnica». Con questa conseguenza: «Non è più la Terra quella su cui
oggi l’uomo vive». Parole che oggi, con le menti sempre più intrappolate nelle infinite connessioni della rete e sempre più distanti dal
mondo reale, e con la Terra sempre più antropizzata e devastata,
non si presentano più come un giudizio filosofico ma come la lampante constatazione di un dato di fatto.
I redattori del settimanale tedesco chiesero poi che cosa po- tessero
fare il singolo individuo e la filosofia per contrastare questa situazione intrappolante, ricevendo la seguente risposta: «Se posso rispondere brevemente e forse un po’ grossolanamente, ma comunque in base a una lunga meditazione del problema: la filosofia non
potrà produrre nessuna immediata modificazione dello stato attuale del mondo. E questo non vale soltanto per la filosofia, ma anche
per tutto ciò che è mera intrapresa umana. Ormai solo un Dio ci
può salvare». Cosa possiamo fare dunque? Ecco la risposta di Heidegger: «Ci resta, come unica possibilità, quella di preparare nel
pensare e nel poetare una disponibilità all’apparizione del Dio o all’assenza del Dio nel tramonto».
L’unica possibilità di uscire dalla trappola, dice Heidegger, è renderci disponibili tramite il pensiero e la poesia all’apparizione nella
nostra esistenza di ciò che poco più avanti egli denomina «l’altro
pensiero», e a cui tradizionalmente ci si riferisce dicendo Dio, o anche divino. Tale apparizione può anche non avvenire, ma non è decisivo: se attesa, libera l’Io dal suo delirio di onnipotenza e ne dilata
e ne ripulisce lo sguardo.
Vito Mancuso, La Stampa 14 novembre 2023
sabato 18 novembre 2023
" Per me ogni ora di luce e di buio è un miracolo, ogni centimetro cubo di spazio è un miracolo…"WALT WHITMAN
E' tempo che ci rendiamo conto che i miracoli sono quotidiani e ordinari non straordinari.....pensiamo sempre che debba accadere qualcosa di incredibile affinchè il Sacro si mostri, mentre è sempre lì in ogni singolo granello di sabbia o di polvere.
La natura del Rigpa è qui e ora in tutto ciò che è, basta svegliarsi e riconoscerlo!
mercoledì 15 novembre 2023
"In ogni gioia suscitata dalla gentilezza, lampeggia un barlume di quella gioia selvaggia dell' appartenenza illimitata"BR. DAVID STEINDL-RAST
Non per nulla il Dalai Lama dice che la sua religione è la gentilezza.......La gentilezza ci apre alla gioia che è connessa con nostro appartenere alla VITA, all'ESSERE.
Noi siamo interdipendenti, non siamo monadi solitarie e ogni gesto di gentilezza ci ricorda il nostro appartenere al tutto, il nostro legame con tutto ciò che vive.
Gustiamo i gesti di gentilezza e cerchiamo di farne noi stessi, la gentilezza può aprirci ad orizzonti più ampi.
lunedì 13 novembre 2023
domenica 12 novembre 2023
sabato 11 novembre 2023
Oggi pensavo ai tanti incontri fatti nella mia vita, spesso incontri cercati e desiderati con maestri e autori che mi avevano ispirato.
Ai tempi("a vent'anni si è stupidi davvero" cantava Guccini) andavo cercando qualcuno che fosse una persona "risolta", che avesse superato tutti i comuni limiti.....adesso capisco che, di fatto, non esiste una simile essere.
Per illuminati che si sia, per quanta conoscenza e saggezza si abbia, si resta umani.....con la schiena o la sciatica che duole, con i dispiaceri di tutti, con l'influenza o peggio, la differenza sta nel come li si vive.
Il limite è il nostro orizzonte pur tendendo all'illimitato.....ed è bello vivere tutto ciò.
Dirò di più.....chi si dice realizzato e risolto quasi sempre è in malafede o è fuori di testa , diffidiamo dei "piccoli perfetti concentrati" ,come li definiva Shantidas, e apprezziamo chi accoglie e non nasconde il suo limite.
domenica 5 novembre 2023
mercoledì 1 novembre 2023
"Guarda questo giorno, perché spetta a te realizzarlo."ALCE NERO
Ogni giorno è unico, ogni giorno va vissuto e realizzato pienamente, ogni giorno è sacro.......
Gli apache dicevano ai bambini che ogni giorno nasce un nuovo sole e la sera muore e quindi bosogna vivere bene la giornata affinchè il sole non abbia sprecato la sua breve vita.......dovremmo impararlo pure noi, celebriamo ogni giorno che ci è dato perchè è un'occasione di realizzazione e risveglio!
vangelo di Tommaso sesta puntata.........poi stop......questo blog non ha visualizzazioni.( due/tre)....le prossime puntate le trovate sul ...

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"Soffermarsi troppo sull'io causa una terribile stanchezza:Un uomo in questa condizione è sordo e cieco a tutto il resto: è la sta...