mercoledì 18 gennaio 2023

 

SFORZO O NON SFORZO

 

Quando seguite un corso di mindfulness, di meditazione o di Yoga vi sentite in continuazione ripetere che ci vuole costanza nella pratica , che nulla si ottiene senza sforzo , al contempo ,però, sentite parlare del WU-Wei ,ovvero del non agire o ,se volete, della mancanza di sforzo .

Spesso si asserisce che lo stato meditativo è lo stato naturale della mente e non può essere costruito, va solo riconosciuto, dal che si evincerebbe che nessuno sforzo può risultare utile .

Se ci sforziamo finiamo per costruire uno stato mentale artefatto, se non ci sforziamo di praticare rimaniamo nel nostro caos mentale solito.

Che fare?

Diceva Trungpa Rimpoche: Lo sforzo subentra di tanto in tanto - all’inizio, durante e alla fine. Per esempio, tu stai tenendo quel microfono perché hai un interesse a fare una domanda. Ora, mentre stai ascoltando la risposta, hai dimenticato di avere in mano quel microfono, ma quello sforzo di prima sta ancora lì. Tu stai ancora tenendolo, senza lasciarlo cadere. Così, avvengono molti viaggi avanti e indietro insieme al nostro sforzo, senza che esso sia mantenuto continuativamente. Non devi sforzarti e spingere di continuo. Se lo fai, non c’è pratica, non c’è meditazione; l’intera cosa diventa solo un grande affare di sforzo.. Il cambiare, alternando costantemente, crea lo spazio della meditazione. Se ti sforzi al cento per cento, fai scoppiare tutta quanto. In definitiva,. non c’è nient’altro che una massa di muscoli tesi seduta nel mezzo di uno spazio. Questo accade continuamente nelle situazioni della vita. È come cercare di lavorare la pasta. Se la impasti troppo, non te ne resterà in mano neanche un po’: starai solo spingendo le tue mani contro la tavola. Però se senti che il motivo di impastarla è di lavorare meglio la pasta, allora vedrai che si presenteranno una certa quantità di compromessi, entrerà in gioco un certo tipo di intelligenza. Senza di questa, lo sforzo da solo uccide.(da un insegnamento a Boulder 1973)

Ci vuole equilibrio, intuizione e buon senso. A volte si dice che un buon atteggiamento meditativo è un 75% rilassamento e un 25% concentrazione, come dire che dobbiamo trovare un equilibrio fra lo sforzo di concentrare la mente e l creazione di uno spazio di consapevolezza panoramica più rilassata, se manca la prima vaghiamo nelle nostre fantasie, se manca la seconda siamo solo tesi.

Quando iniziamo le pratiche di meditative spesso tendiamo ad eccedere nella concentrazione o nel rilassamento, dobbiamo ,però, comprendere che vogliamo sviluppare consapevolezza e presenza mentale non concentrazione univoca o gradevole rilassamento.

Con l’esperienza e la guida di un insegnante esperto riusciremo a trovare il giusto equilibrio meditativo in cui ci sia il giusto sforzo  e al contempo una sensazione di spaziosità e libertà .

La pratica meditativa ,come di dice Tich Nath anh ,è un modo intelligente per godersi la vita, non deve essere né un obbligo, né una pratica forzata, semmai un allenamento gradevole seppur impegnativo.

E’ sano trovare una giusta misura nella pratica quotidiana che, generalmente per chi vive una vita impegnata, non dovrebbe superare l’ora( magari mezzora al mattino e mezzora alla sera),ma ognuno deve trovare il proprio equilibrio ,i propri tempi e spazi.

Fondamentale, se possibile, praticare sempre negli stessi orari e nello stesso posto (è bene crearsi una stanza o un angolo dedicato alla pratica, con il cuscino , magari un po’ di incenso se ci aggrada, qualche immagine che ci ispiri) per rendere la pratica un rituale nella routine quotidiana , un momento in cui stacchiamo il telefono, e ci regaliamo un po’ di tempo per noi.

Se pratichiamo e ci atteggiamo in questo modo la pratica diventa un dono quotidiano che ci facciamo e non si pone più il problema dello sforzo, non c’è da sforzarsi, praticare è un piacere che facciamo con impegno e determinazione,tutto qui!

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