SFORZO O NON
SFORZO
Quando
seguite un corso di mindfulness, di meditazione o di Yoga vi sentite in
continuazione ripetere che ci vuole costanza nella pratica , che nulla si
ottiene senza sforzo , al contempo ,però, sentite parlare del WU-Wei ,ovvero
del non agire o ,se volete, della mancanza di sforzo .
Spesso si
asserisce che lo stato meditativo è lo stato naturale della mente e non può
essere costruito, va solo riconosciuto, dal che si evincerebbe che nessuno
sforzo può risultare utile .
Se ci
sforziamo finiamo per costruire uno stato mentale artefatto, se non ci
sforziamo di praticare rimaniamo nel nostro caos mentale solito.
Che fare?
Diceva
Trungpa Rimpoche: Lo
sforzo subentra di tanto in tanto - all’inizio, durante e alla fine. Per esempio,
tu stai tenendo quel microfono perché hai un interesse a fare una domanda. Ora,
mentre stai ascoltando la risposta, hai dimenticato di avere in mano quel
microfono, ma quello sforzo di prima sta ancora lì. Tu stai ancora tenendolo,
senza lasciarlo cadere. Così, avvengono molti viaggi avanti e indietro insieme
al nostro sforzo, senza che esso sia mantenuto continuativamente. Non devi
sforzarti e spingere di continuo. Se lo fai, non c’è pratica, non c’è
meditazione; l’intera cosa diventa solo un grande affare di sforzo.. Il
cambiare, alternando costantemente, crea lo spazio della meditazione. Se ti
sforzi al cento per cento, fai scoppiare tutta quanto. In definitiva,. non c’è
nient’altro che una massa di muscoli tesi seduta nel mezzo di uno spazio. Questo
accade continuamente nelle situazioni della vita. È come cercare di lavorare la
pasta. Se la impasti troppo, non te ne resterà in mano neanche un po’: starai
solo spingendo le tue mani contro la tavola. Però se senti che il motivo di
impastarla è di lavorare meglio la pasta, allora vedrai che si presenteranno
una certa quantità di compromessi, entrerà in gioco un certo tipo di
intelligenza. Senza di questa, lo sforzo da solo uccide.(da un insegnamento a
Boulder 1973)
Ci vuole
equilibrio, intuizione e buon senso. A volte si dice che un buon atteggiamento
meditativo è un 75% rilassamento e un 25% concentrazione, come dire che dobbiamo
trovare un equilibrio fra lo sforzo di concentrare la mente e l creazione di
uno spazio di consapevolezza panoramica più rilassata, se manca la prima
vaghiamo nelle nostre fantasie, se manca la seconda siamo solo tesi.
Quando
iniziamo le pratiche di meditative spesso tendiamo ad eccedere nella
concentrazione o nel rilassamento, dobbiamo ,però, comprendere che vogliamo
sviluppare consapevolezza e presenza mentale non concentrazione univoca o
gradevole rilassamento.
Con
l’esperienza e la guida di un insegnante esperto riusciremo a trovare il giusto
equilibrio meditativo in cui ci sia il giusto sforzo e al contempo una sensazione di spaziosità e
libertà .
La pratica
meditativa ,come di dice Tich Nath anh ,è un modo intelligente per godersi la
vita, non deve essere né un obbligo, né una pratica forzata, semmai un
allenamento gradevole seppur impegnativo.
E’ sano
trovare una giusta misura nella pratica quotidiana che, generalmente per chi
vive una vita impegnata, non dovrebbe superare l’ora( magari mezzora al mattino
e mezzora alla sera),ma ognuno deve trovare il proprio equilibrio ,i propri
tempi e spazi.
Fondamentale,
se possibile, praticare sempre negli stessi orari e nello stesso posto (è bene
crearsi una stanza o un angolo dedicato alla pratica, con il cuscino ,
magari un po’ di incenso se ci aggrada, qualche immagine che ci ispiri) per
rendere la pratica un rituale nella routine quotidiana , un momento in cui
stacchiamo il telefono, e ci regaliamo un po’ di tempo per noi.
Se
pratichiamo e ci atteggiamo in questo modo la pratica diventa un dono
quotidiano che ci facciamo e non si pone più il problema dello sforzo, non c’è
da sforzarsi, praticare è un piacere che facciamo con impegno e
determinazione,tutto qui!
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