venerdì 13 luglio 2018

DHARMA E OCCIDENTE, CONTEMPLAZIONE E AZIONE

L’insegnamento di Siddharta detto il Buddha si è sviluppato in India  2500 anni fa per poi migrare verso il tibet, l’indocina, l’impero cinese e poi quello nipponico fino a sbarcare in europa e in america; ad ogni passaggio ha saputo adattarsi alla cultura che trovava integrando pratiche preesistenti(si pensi al Bon in Tibet o al taoismo in Cina),adattandosi alla lingua, alla sensibilità ,agli stili dei popoli che incontrava.
Essendo il Buddhadharma un’ortoprassi e non una ortodossia non ci sono mai stati grandi problemi e anzi ha favorito la nascita delle tante scuole che hanno arricchito la storia del buddhismo.
Adesso è il momento dell’occidente di riuscire ad integrare il Dharma al  proprio contesto linguistico, psicologico e culturale.
In USA questo sta avvenendo da anni grazie a vari maestri orientali e occidentali ,creando interrelazioni con le religioni occidentali, la psicoanalisi e anche i movimenti pacifisti, ecologisti ecc……di qui la nascita del Buddhismo impegnato(engaged  Buddhism) che si radica nel solco di miglioramento sociale tipico dell’occidente dall’800 ai giorni nostri.
Che il Buddhismo, se vuole radicarsi, debba trovare un modo di parlare agli occidentali nonché una capacità di ascolto delle loro problematiche psicologiche e sociali, è un fatto assodato , in caso contrario si rischia di cadere in un abisso di materialismo spirituale intriso di una idealizzazione malsana delle culture orientali.
Soprattutto in europa e in italia ,spesso(forma per la formazione cattolica),si finisce per creare delle sorte di ortodossie Buddiste con una reiterazione di forme, linguaggi e rituali, mutuati pedissequamente dalla cultura di origine perdendo spesso il vero significato sottostante.
Già  trent’anni fa Dzongsar Rimpoche, durante degli insegnamenti in Francia,ci disse: “io sono tibetano e quindi vi offro il succo del dharma nel mio bicchiere tibetano, ma voi dovete bere il succo, non il bicchiere!!!!” a fronte di atteggiamenti un po’ assurdi di alcuni allievi.
Se il buddhadharma non è un’ortodossia che bisogno abbiamo di attaccarci in modo patologico alle forme e agli stili tradizionali? Non possiamo trovarne di nuove?
L’incontro del Dharma con l’occidente non può prescindere dal nostro modo di essere che ha le sue radici nel pensiero greco ( pensate all’Antigone di Sofocle con la sua dirompente richiesta di giustizia) ,in quello cristiano( con le sue istanze di fratellanza universale) e quello socialista(col desiderio di una società più equa e solidale)…..noi siamo anche queste cose,fanno parte del nostro inconscio collettivo e abbiamo il diritto/dovere di integrale nella nostra pratica spirituale.
Dice Luciano Manicardi(priore del monastero di Bose) : “ il desiderio di felicità, giustizia, equilibrio è intrinsecamente umano e abbiamo tutto il diritto/dovere di indignarci quando ci viene negato……dobbiamo dire di NO , e agire di conseguenza”.
Anche il Buddista, pur riconoscendo nell’assoluto  la  perfezione di tutto ciò che c’è, ha il diritto, credo, nel relativo di indignarsi e agire per modificare ciò che crea ingiustizia e sofferenza.
Certi atteggiamenti di pseudo-distacco mistici dai dolori del mondo hanno assai più a che fare col nichilismo che col Dharma e finisco per prestare il fianco ai detrattori che possono facilmente descrivere  i buddhisti come degli egotisti spirituali tutti dediti a guardarsi l’ombelico.
Nella tradizione Dzogchen si parla di VISIONE,MEDITAZIONE E AZIONE  intendendo che l’esperienza interiore, sedimentata e maturata attraverso la meditazione deve poi trasformarsi in azione saggia.
Non è pensabile quindi cercare di portare la nostra visione nell’agire lavorativo, sociale e politico?
Il buddhismo impegnato si muove in quella direzione , con un agire concreto per i vari settori problematici, dall’ecologia al razzismo, dall’ingiustizia sociale ed economica alle guerre.
Nessuno nega che come base debba esserci la visione e la meditazione, ma se manca l’azione il tutto rimane monco,senza sbocco, rischia l’autoreferenzialità.
Può essere che il buddhismo italiano(rappresentato dall’Ubi) scelga(come pare) di tenersi su posizioni più “chiesastiche” e di fedeltà alle tradizioni di riferimento,tenendosi fuori dalle questioni più spinose della poltica e dell’economia……nel caso temo perderebbe una preziosa opportunità di diventare lievito fecondo e parte integrante della cosiddetta società civile.
Una spiritualità che non si sporca le mani  è una ben triste spiritualità.

“chi dice che la spiritualità non ha nulla a che fare con la politica non ha capito cosa sia veramente la spiritualità” M.K.Ghandi

1 commento:

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