martedì 10 aprile 2018

INTEGRALISMI
Di questi tempi la parola integralismo è di uso comune, spesso la associamo alle bandiere nere di Daesh(più nota come ISIS) o ad altri gruppi affini, ma l’integralismo è prima di tutto qualcosa d’altro.
Dice il vocabolario Treccani: In senso ampio, ogni concezione che, in campo politico (ma anche sociale, economico, culturale), tenda a promuovere un sistema unitario, ad abolire cioè una pluralità di ideologie e di programmi, sia appianando contrasti e divergenze tra gruppi contrapposti e conciliando tendenze ideologiche diverse, sia, al contrario, respingendo come non valide posizioni ideologiche e programmatiche differenti dalle proprie e rifiutando di conseguenza collaborazione e alleanze, o compromessi, con altre forze e correnti….
Conciliando o respingendo posizioni differenti…..qui sta il nodo,se accogliamo e cerchiamo di conciliare o se respingiamo. In definitiva l’integralista tende ad un punto di armonia in cui le tensioni centripete siano assenti o comunque non predominanti e tutto ritorni al centro. Il centro  che deve essere il polo vivificante di quel processo, religioso o politico. In quest’ottica, San Francesco era un integralista, così come Teresa D’Avila  piuttosto che Gandhi. Tutti cercavano un modo di vivere “integro” in cui armonizzare le dissonanze. C’è qualcosa di sbagliato in tutto ciò? Forse sì e forse no.
Se l’ottica è quella del conciliare ,tutto ok, anche se….cosa c’è da conciliare in definitiva? Se guardiamo da un punto di vista relativo ,tanto…se guardiamo da un punto di vista assoluto nulla.
Se tutto ha solamente un gusto o è perfetto così com0è(come ci insegnano i maestri Buddhisti) che cosa c’è da conciliare?
Se siamo nell’ottica del rifiuto , non va niente bene….ma cosa ci sarebbe da rifiutare?
In un’ottica “buddhista” l’integralismo non ha senso, in qualsiasi forma , eppure…anche il Buddismo non ne è esente.
Quante volte ho sentito praticanti Theravada criticare quelli Zen , o praticanti Vajrayana farsi beffe di quelli della Terra Pura e via discorrendo; quante volte ho sentito Lama titolati dire di non ricevere insegnamenti da maestri di altri lignaggi, in una sorta di razzismo spirituale teso a conservare una presunta purezza della propria tradizione.
A volte, raramente, si cerca di conciliare posizioni differenti, più spesso si delegittima l’altro, lo si ritiene inferiore o meno spirituale.
Ma è poi vero che l’Hinayana è peggio del Mahayana  ecc. ? Non è che sono solo percorsi differenti adatti a persone differenti?
Che ognuno di noi sia  affezionato alla propria mamma è naturale, ma non è che questo ci deve spingere a dire che le mamme altrui non sono altrettanto valide o all’altezza del ruolo!
Da buoni italiani magari le mamme  le lasciamo stare ,ma non le tradizioni, filosofie o religioni altrui, quelle sono criticabili e deprecabili senza alcun pudore.
Quante volte ho sentito praticanti e maestri buddhisti parlare con spocchia del cristianesimo visto come una religione infantile e religiosi cristiani bollare il buddhismo di nichilismo ed egoismo spirituale…che tristezza.
Ogni via ha le sue luci e le sue ombre, ognuna ha le sue grandezze e le sua miserie (storiche e non) , tutte però possono essere di aiuto e di guida per determinate persone.
Tutti siamo stati ,più o meno , integralisti….almeno in gioventù, è un passaggio naturale, ma poi è tempo di crescere  ,di uddiere i "pdri e le madri" per uscire da questa visione del mondo a senso unico per vedere in modo pluriverso.
Ecco vorrei che passassimo dall’universo al pluriverso, dall’unicità alla pluralità , passando da quel “non sapere” che l’unico fondamento della vera apertura.
Quando non sappiamo, possiamo vedere il mondo per ciò che è ,uscendo dagli stereotipi e dai preconcetti, ed ecco che si manifesta quella “mente zen, mente da principiante” di cui parlava Suzuki Roshi ,.
Solo fuori da ogni dogmatismo, da ogni identificazione dottrinale, possiamo “vedere” il mondo e la vita per ciò che sono…senza schemi e senza filtri.
Dobbiamo diventare dei Buddha(risvegliati) non dei Buddhisti!
Impariamo allora ad apprezzare i nostri lignaggi e a viverli seriamente,ma senza prenderci troppo sul serio.
Ricordiamo cosa stava scritto sui muri  nel 68: “ “la creatività al potere” “una risata vi seppellirà”…forse è tempo di un nuovo 68 buddhista(ma anche cristiano, islamici ecc)per togliere di mezzo tutti gli integralismi e guidarci verso una spiritualità più libera e aperta.

1 commento:

  1. Sei buddista? Chi io? Credo che con questo tuo ultimo artico sull integralismo tu abbia risposto pienamente alla domanda. Le tue parole si ricollegano anche all’incontro che ho avuto questa mattina. La mia insegnante di atletiCa diceva: è bello fra colleghi scambiarsi competenze, per crescere nella conoscenza. il mio esempio è di vita quotidiana, ma penso che l’integralismo sia una forma di arroccamento di sulle proprie posIzioni, una forma di paura, condividere le esperienze e il sapere, può aiutarci a crescere

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