sabato 16 gennaio 2021

 "prima di azzardare giudizi sul maestro bisogna pensare molto bene, non perché il maestro potrebbe offendersi, ma proprio perché si sbaglia il bersaglio."

Così scrive un insegnante Buddhista alla fine di una pagina in cui stigmatizza il parlare a vanvera degli allievi, rischio sempre presente, non solo nell'ambito spirituale.

Concordo? In parte, ma non del tutto.

Verissimo che gli allievi sono spesso così presi dai propri coinvolgimenti egoici, dalle proprie nevrosi, sbagliano bersaglio, capiscono fischi per fiaschi e chi più ne ha più ne metta, però il negare la possibilità di critica in base a questo è assai pericoloso.

Ci sono stati numerosissimi casi abusi(sessuali e non) perpetrati da sedicenti maestri spirituali che sono rimasti nascosti per anni grazie all'idea che gli allievi non potevano criticare il maestro, non potevano capire quale mistico insegnamento fosse nascosto in quei comportamenti.

Il pericolo è che si pensi agli allievi come ad un gregge di pecore ottuse che vanno guidate(al macello?)  e non come a individui pensanti(per quanto confusi).

Questa idea è alla base delle religioni strutturate ove il pensiero dei capi, dell'organizzazione non può e non deve essere messa in discussione pena l'esclusione dalla " salvezza", non dovrebbe rientrare nelle "vie di liberazione" quale il Buddhismo è o dovrebbe essere.

Gli allievi dovrebbero imparare la nobiltà del silenzio, non impantanarsi in discussioni inutili ma, al contempo, continuare ad osservare e pensare con la propria testa senza cadere nell'IPSE DIXIT, senza accettare acriticamente qualunque cosa il maestro dica o faccia,; non tiriamo fuori la solita storia di Milarepa o di altri racconti agiografici dove l'allievo subisce prove e umiliazioni tremende, sono storie simboliche e come tali vanno lette.

Un pò di dialogo e di confronto fa bene a tutti, non è perchè qualcuno ha il titolo di Roshi, Lama ecc. questo lo rende infallibile , è un essere umano e può sbagliare, come tutti gli altri.

La devozione al Lama è un fatto simbolico, sono devoto a ciò che rappresenta, cioè la natura illuminata, non alla persona di per sè , per quanto passa essergli grato o stimarlo.

Provo devozione al Buddha che rappresenta, non per ciò che è come individuo.

Sono due piani differenti, c'è il piano umano e quello simbolico/spirituale , non vanno confusi.

Il maestro ha realizzato quella natura di illuminazione della sua mente e, quando la mostra. è degno di ascolto e devozione,mentre quando parla delle sue idee politiche, delle sue inclinazioni sessuali o dei suoi gusti letterari e musicali ,no!

Non dobbiamo farci piacere la musica o i libri che piacciono al nostro insegnante, nè tantomeno scimmiottare i suoi comportamenti.

Attenzione, certe affermazioni, anche se in parte giuste, possono diventare concime per l'infatilismo spirituale di tanti e creare situazioni, a dir poco , problematiche


2 commenti:

  1. si penso proprio che sia così. Il rischio che senza volere si crei una comunità nella quale alcuni o molti si trovano bene a dipendere ed evitano contrapposizioni anche quando si parla di relativo. Su questo argomento (essere maestro) ha scritto un testo ponderato Yuicin Marassi, ex stella del mattino

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    1. sì l'ho letto tempo fa, molto interessante. Creare comunità fusionali è un grande rischio perchè, come minimo, non fa crescere nè il maestro nè gli allievi

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